Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Onestamente me lo aspettavo. Ma ciò non toglie che il dolore sia lo stesso forte e intenso.
Dopo appena una trentina di puntate mandate in onda, Zombie chiude oggi i battenti. Zombie, per chi non avesse letto la mia segnalazione di qualche tempo fa, è un programma radiofonico scritto, diretto e condotto dallo scrittore Diego Cugia, in onda su Radio 24.
Cugia, già epurato "minore" della RAI berlusconiana ("minore" nel senso che di lui non si parla mai, aveva lavorato per molto tempo a Radio Due prima di finire nel cestino degli indesiderati), aveva trovato un sorprendente spazio nella pur ottima radio della Confindustria.
Mi aveva sorpreso la libertà di azione lasciatagli dalla radio e dal suo direttore Santalmassi, e ogni giorno lo ascoltavo sempre più incredulo che un centimetro quadrato di libertà d'espressione esistesse ancora nei nostri media.
E infatti.
Arriva la campagna elettorale, Cugia tocca i fili scoperti, soprattutto quelli della P2 le cui vicende ha narrato in una bellissima puntata di pochi giorni fa e muore di nuovo, da zombie che viene abbattuto con la classica fucilata in testa.
La par condicio è una scusa, e io credo che Cugia faccia benissimo a non accettare lo squallido compromesso di sospendere "Zombie" fino al 10 aprile per poi riprenderlo ad elezioni avvenute.
Peccato, mi mancherà molto la sua voce roca e calda, mi mancherà il disagio in cui è capace di mettermi scuotendo la mia coscienza assopita.
Ciao Diego, grazie di quello che mi hai dato in queste settimane, ho i tuoi libri da leggere, adesso, e chissà che tu non riesca a trovare uno spazio davvero indipendente per continuare a parlarci.
Sono passate tre settimane da quando lamentavo la sconcertante assenza della bella faccia mortadellesca di Prodi dai cartelloni pubblicitari delle nostre città.
Tre settimane.
E secondo voi è cambiato qualcosa?
L'unica cosa accaduta in queste tre settimane è stata la presentazione del Programma dell'Unione. Ci ha lavorato per un anno (proprio oggi è il primo compleanno: auguri!) un'intera Fabbrica, la Fabbrica del Programma. Minchia.
"Come funziona una Fabbrica del Programma?", mi sono chiesto tante volte. "Funzionerà come una fabbrica normale", mi sono detto. Una fabbrica, per arrivare ad un prodotto compiuto, ad esempio un'automobile, opera una grande elaborazione, composta più o meno da una fase di studio, una di progettazione, una di valutazione e infine una di implementazione.
Insomma, anche per fare un cesso come la Duna o la Stilo è necessario ridurre ad una sintesi il lavoro di progettisti, ingegneri, meccanici, operai.
Ecco la chiave: ridurre ad una sintesi.
Dopo un anno di lavoro la Fabbrica del Programma ha prodotto un volume di 281 pagine.
281 pagine. Duecentottantuno fottutissime pagine?
Ma se persino a me, che leggo in media 2 libri al mese e voto per l'Ulivo, non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di mettermi a leggere un volume di 281 pagine per sapere cosa vorrebbe fare, ipoteticamente, il futuro governo Prodi (Bertinotti, Mastella, Pecoraro, Diliberto permettendo), cosa volete che gliene fotta a un qualsiasi ex elettore berlusconiano deluso e incazzato di un programma stile Treccani?
Ma porca puttana (mi perdonino le meretrici), ci vuole così tanto a capire che per convincere qualcuno a votare per la tua parte devi dargli tre, al massimo quattro messaggi sintetici, diretti, incisivi, intelligenti?
Se non ci riesci, il massimo che potrai ottenere è che questa massa di delusi dal Berlusca resti a casa e non vada a votare. Non mi pare una strategia molto intelligente.
Per tornare alla metafora della fabbrica, è come se dal grande laboratorio prodiano non fosse uscito un prodotto finito, ma un pallet carico di plastica, ferraglia, pistoni, gomma, vetroresina, cristallo e similpelle. Una presa per il culo, insomma.
La mia paura è che tutto ciò sia dovuto al fatto che, per giungere ad una sintesi, è necessario che esista una concordanza, seppure minima, su ciò che si vuol comunicare. Ogni distinguo allunga il brodo e a furia di allungarlo si è passati da un auspicabile manifesto ad una triste ed inutile enciclopedia che non servirà a nulla o quasi.
L'unica cosa che mi viene in mente e che vorrei dire a coloro che hanno pensato, creato ed avallato questa ennesima, inutile "grande opera" è la celeberrima frase del buon Nanni Moretti: "Cioé lei non ha mai assaggiato la Sacher Torte?". Il seguito lo conoscete.
Mi guardo intorno, vedo centinaia di megamanifesti elettorali. Con prevalenza berlusconiana, of course.
Non ne ho visto UNO, finora, di Prodi. Non uno solo. Che strategia è, o mio candidato premier? Quanto aspettiamo ancora?
Non ho mai pensato che i famigerati 6x3 possano essere l'arma risolutiva di una campagna elettorale. Ma la totale assenza di quelli prodiani non è propriamente un ottimo segnale. O li si ritiene inutili, compiendo uno scellerato atto di presunzione, o si è deciso di concentrarli negli ultimi due mesi prima delle elezioni, quando sarà difficile che emergano dalla montagna di affissioni elettorali che soffocherà ogni nostro passo sulle strade di questo paese.
Lo so che il mio umore politico fa molto su e giù e che non ho un pensiero coerente, ma comincio veramente a temere il risultato del 9 aprile. Se non altro perchè, alla fine, un "leader" a destra c'è. Mentre a sinistra, finora, c'è soltanto un leader assente. Ingiustificato.
Premetto che, pur avendo preso atto delle parole di Fassino e D’Alema, non ho cambiato idea rispetto ad una settimana fa sulla vicenda Unipol-BNL.
Ma indubbiamente il Presidente del Consiglio, con le sue illuminanti dichiarazioni degli ultimi giorni, ha provveduto a ricordarmi quali sono le priorità politiche dei prossimi 3 mesi: 1) lasciare che si ridicolizzi da solo e sottolineare i suoi patetici tentativi di ribaltare la realtà; 2) vincere le elezioni; 3) mandarlo a spendere i molti anni di vita ricca e felice che ancora gli restano in una delle sue molte residenze sparse per il globo.
Tutto questo è ancora possibile, a patto che l’Unione prodiana diventi finalmente tale di fatto e non solo di nome. Questo non è affatto scontato, ma spero che il masochismo storico della sinistra (e del centro che le si accompagna) riesca ad essere frenato almeno fino al 9 aprile.
Ma, in ogni caso, Berlusconi è per me come una medicina, come un prezioso antidoto che riesce sempre a guarire i miei avvelenamenti mentali e umorali.
Grazie, Silvio, continua così.
Vorrei scrivere qualcosa sulla vicenda Unipol – BNL.
Non ho le conoscenze economiche e giuridiche necessarie, ma vorrei comunque esprimere le sensazioni che da qualche settimana mi passano per la testa ogni qualvolta ne sento parlare.
Sono colmo di sgomento e, francamente, di orrore.
Perché credevo che la moralità fosse ancora il faro dei comportamenti politici della mia parte.
Perché dovrà pure esistere una differenza tra la sana gestione economica volta al profitto come motore dello sviluppo e lo sviluppo di sofisticate tecniche di magheggio finanziario volte all’arricchimento personale di manager disonesti.
Questo dovrebbe valere per qualsiasi impresa economica, e molto di più dovrebbe valere per le cooperative.
Mi annienta l’idea che i vertici dei DS possano anche solo avere pensato che l’OPA Unipol su BNL avrebbe messo a loro disposizione una banca, una grande banca, la quinta banca italiana. Ma cosa siamo diventati, una pantomima del peggiore PSI craxiano?
Sarò un antiquato retrogrado conservatore. Ma se io possiedo un patrimonio che vale 1000, come posso pensare di acquisire un’azienda che vale 4000? Dove minchia li prendo i soldi? Me li invento? Me li stampo da solo? Uso i soldi del Monopoli?
Ecco: a me sembra che i simpatici furbetti ci abbiano spacciato per veri i soldi del loro personalissimo monopoli. E che quasi tutti noi, poveri pirla, ci abbiamo creduto.
E ci abbiamo creduto anche perché dalla nostra parte c’era qualcuno che voleva entrarci, in quel gioco. Anzi, ci diceva che entrare in quel gioco era giusto.
Io ho la nausea, e comunque continuo a preferire il Trivial Pursuit. Buon Anno a tutti!
Ho fatto una lista di regali per Babbo Natale L'ho scritta e l'ho spedita al Circolo Polare.
Gli avevo chiesto una grande marcia per l'Amnistia E sotto il diluvio eravamo solo io, papà, Pannella e la Polizia.
Gli avevo chiesto un po' di decenza nel nostro paese E invece ho perso il conto: - dei banchieri arrestati - dei banchieri inquisiti - dei banchieri interrogati - dei furbetti intercettati - dei governatori sfiduciati - dei camorristi incaprettati - dei mafiosi riciclati - dei politici imbrillantinati che minimizzano i loro reati (cit.) - dei treni soppressi, zozzi e scassati - dei monitor che se so' fregati (dedicated to the Pittarols')
La lettera l'ho mandata con la posta prioritaria ma mi sa tanto che non sarebbe bastato un telegramma.
Io sono sempre stato convinto che Adriano Sofri fosse innocente. Cioè che non sia stato lui il mandante dell’omicidio del Commissario Calabresi. Una convinzione, la mia, basata sulla lettura degli atti dei processi cui Sofri si è sempre stoicamente sottoposto, accettandone le sentenze che pur non condivideva.
Adriano Sofri è l’incarnazione dell’orrore del sistema giudiziario italiano, del sistema carcerario italiano. Adriano Sofri ha dato volto a 60.000 esseri umani che vivono nelle carceri italiane in condizione di degrado e disumanità, spesso condannati per reati da “morti de fame” (i classici “ladri di polli”) o che finiscono dentro per la pura impossibilità economica di garantirsi una difesa decente.
Adriano Sofri non ha mai chiesto la grazia, perchè si è sempre dichiarato innocente. Forse per questo motivo gran parte del nostro paese assurdo ed ipocrita, in particolare il governo in carica con il Ministro di Grazia e Giustizia Catelli in testa, si ostina a negare qualsiasi procedura in questo senso, persino quella voluta dal Presidente della Repubblica Ciampi.
Adriano Sofri è in ospedale, in coma farmacologico. Ha rischiato di morire, ennesima vittima “bianca” della pena di morte di fatto vigente nelle carceri italiane.
Adesso dicono che nei giorni precedenti il suo malore aveva sottovalutato i sintomi del male che lo stava minando. Può anche darsi che sia vero, ma l’assistenza medica in carcere, in Italia, è quasi sempre un diritto negato. Basta ascoltare qualche volta la splendida rubrica di Radio Radicale “Radio Carcere” (ogni martedì alle 21.00, ve la consiglio di cuore!) per rendersene conto.
Adesso gli è stata sospesa la pena. Adesso molti parlano di grazia. Anche chi prima lo voleva vedere morto in galera. Dicono che adesso le cose sono cambiate. Lo dice persino l’ineffabile Ministro Castelli, pensate un po'... Come se solo adesso, rischiando la sua vita in galera, Adriano Sofri avesse espiato la sua pena.
Ipocriti, falsi, assurdi assassini.
E così. Anche il Tracca trasloca su blog.
Tempo di cambiamenti, tempo di traslochi, tempo di fughe in avanti. Tempo di devoluzioni. Non so voi, ma ogni giorno che passa accresce in me la sensazione di essere al centro di un incubo "strutturato a matrioska" (cit.) , dal quale non è prevista uscita.
Mi sento come Uma Thurman nella meravigliosa scena della bara in Kill Bill; ma ogni volta che credo di aver distrutto la gabbia di follia che mi circonda, di avere assistito al massimo dell'assurdità possibile, invece di trovare la nuda terra da scavare per risalire al suolo mi trovo in una nuova bara appena più grande della precedente.
Mi sento in un videogioco composto di infiniti livelli successivi. E non ho nemmeno un cannoncino per sparare agli Space Invaders Lunari Venusiani Indipendenti Organizzati che mi osservano e calano sogghignanti sulla mia vita. Dice che tra poco gli staccheranno la corrente, al videogioco.
Non vorrei che tutto ciò che otterremo sia di restare al buio.
Bacigalupo, Ballarin, Maroso; Rigamonti, Castigliano, Grezar; Menti, Loik, Gabetto; Mazzola, Ossola.
Castellini, Santin, Salvadori; Patriziosala, Mozzini, Caporale; Claudiosala, Pecci, Graziani; Zaccarelli, Pulici.
Borsano, Gerbi, De Finis; Goveani, Calleri, Aghemo; Vidulich, Bodi, Palazzetti; Cimminelli, Romero. All.: Giovannone
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