Il disco dell’anno del Tracca è “Conservare in luogo fresco e asciutto” di Angelica Lubian. È uscito nel 2008, e questa è già una contraddizione… ma avendolo scoperto da poche settimane (once again, thanks to Dassioposq!) e avendolo ascoltato a ciclo continuo e senza tregua, ricavandone sempre una sincera emozione, posso affermare senza remore che il disco che ha più di ogni altro segnato il mio 2009 è “Conservare in luogo fresco e asciutto” della giovane musicista, compositrice, cantante friulana Angelica Lubian.
CILFEA è un album interamente autoprodotto, come molte delle cose qualitativamente più interessanti che cercano di farsi strada in un mercato musicale italiano sempre più asfittico e privo di coraggio. Angelica Lubian ha distillato in 54 minuti tredici alambicchi di purissima acquavite, a cui ha saputo conferire toni e sapori molto diversi tra loro. Eclettica, è stato il primo aggettivo che ho pensato dopo aver sentito per la prima volta le sue canzoni sul suo myspace (ci arrivate da
www.angelicalubian.com). Energica, è stato il secondo. Dolce, è stato il terzo. Caustica, è stato il quarto. Bravissima, è stato il quinto.
Dopo aver ricevuto il suo cd (costa 15 euro, lo potete ordinare direttamente a lei e ve lo spedirà a casa in men che non si dica!) mi sono poi reso conto che gli ascolti necessari a carpirne tutte le sfaccettature sono molti. E già questo, in un album di musica leggera italiana odierno, è un risultato non indifferente. Cambia registro con grande facilità, la Lubian, passa con disinvoltura naturale e non esibita dal rock energico alla ballata dagli accenti beatlesiani, dalla canzone jazzata all’onesto pop orecchiabile ma mai banale, curando in maniera maniacale arrangiamenti e testi. E anche all’interno di uno stesso pezzo riesce spesso a sorprendere con variazioni sul tema e finali a sorpresa che suscitano sorrisi ammirati.
Sì, direte voi, ma a chi somiglia? Se proprio non possiamo fare a meno di lanciarci nel gioco poco costruttivo dei paragoni, diciamo pure che la Cantantessa sicula è una delle prime che viene in mente, anche se a me restano vivi in mente alcuni dei migliori accenti della Toffoli sua conterranea e anche la classe e la sensibilità della migliore Donà. Ma se siete a caccia di cloni, cambiate pure canale: a 25 anni Angelica Lubian ha uno stile suo, immediatamente riconoscibile. E scusate se è poco.
Procedendo con gli ascolti ho cambiato molte volte la rosa dei miei pezzi preferiti del disco, che si è allargata a dismisura. Quasi tutte le canzoni, come già dicevo, meritano reiterati ascolti per essere pienamente apprezzate, data la presenza di dettagli che emergono poco a poco. Le mie preferite? “Mercenaria”, per l’energia e l’incitamento che sprigiona; “Incredibilmente disarmante”, perché mi emoziona e mi commuove ogni volta; “Meteropatica”, perché mi trascina e mi diverte; “Sconosciuto”, perché è una valanga emozionale che cresce ad ogni nota; “Lo spazzolino”, perché è vetriolo e soda caustica; “Mon cher, addio”, perché è un piccolo capolavoro; “Profumo di paglia”, perché ha un finale a sorpresa che a me ha ricordato tanto (nello spirito più che nella forma) “La zappa… il tridente ecc.” di Rino Gaetano. E faccio comunque un torto alle altre canzoni, non citandole.
Angelica suona all’Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 22 gennaio, in apertura della manifestazione Generazione X: chi non viene è un discografico sanremese!