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Signora mia non me ne parli...
Di Tracca (del 01/07/2008 @ 18:31:32, in Le Trackulenze, linkato 888 volte)

L’inflazione galoppa. E se al pane e alla pasta posso rinunciare, mi è più difficile farlo per il gasolio, il vero principe dei prezzi al consumo in questi ultimi anni. Ogni pieno è un bagno di sangue. E non ditemi di comprare una macchina a GPL o metano, perché al momento non posso permettermi un’auto nuova. E poi sono sicuro che tra 3 o 4 anni anche il gas supererà il costo di un euro al chilo, vogliamo scommettere?

Eppure ci sono altri oggetti il cui prezzo è inspiegabilmente, assurdamente alto. Oggi mi concentrerò sulla categoria: accessori per la stanza da bagno o, per dirla con linguaggio più vicino al popolo, cose pe’ er cesso.

Sarà che noi romani siamo fuorviati dal fatto di chiamare “cesso” la stanza da bagno. Cesso è un termine intriso di negatività, di sudicia bassezza. Nonostante ciò siamo abituati a dire: “Vado ar cesso”, pure se stiamo dentro casa nostra e non solo nell’atrio della Stazione Tiburtina o sulla gradinata dello Stadio Olimpico.

Sarà quindi dovuto a una prospettiva esistenziale sbagliata, ma anche se cambio prospettiva e penso al bagno di casa mia come ad una linda e pinta “salle de bain” da albergo 5 stelle lusso (come poi in realtà è), 35 euro per uno scopino della tazza der cesso mi sembrano una pura follia.

35 euro? 70 sacchi?* Guardate che non sono stato a cercare uno scopino in qualche boutique di sanitari per gente ricca, ma da LERUŔ MERLEN, er discount der faidatè. Andateci, se non ci credete: trovare uno scopino per la tazza del cesso che non sia fatto di plastica misera e triste come una fogna di Calcutta a meno di 35 euro è impossibile! Alla fine mi sono adattato e ne ho comprato uno di plastica misera e triste, perché a certi ricatti da status symbol di merda non voglio sottostare. Ma la sensazione che qualcosa non vada per il verso giusto mi è rimasta.

Vogliamo parlare anche di quanto costano (perdonate l’insistenza) le tavolette del cesso? Parliamone...

*sacco: arcaica unità di misura monetaria romana, pari a Lire 1.000.