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Una pizza (in faccia) da solo...
Di Tracca (del 07/10/2008 @ 08:00:00, in Le Trackulenze, linkato 855 volte)
Sabato sera mi è capitato di cenare con Leesa, i suoi cugini e altri amici, in una pizzeria di Nettuno. Vi ero stato attirato con la prospettiva della formula di stampo prettamente statunitense “all-you-can-eat”: prezzo fisso e pizza senza limiti fino ad esaurimento stomaco. La pizza non potrei nemmeno toccarla, ma sticazzi, alla fine si die only once! E poi, con la miseria di 10 euro 10, vènghino siòri vènghino, pizza, acqua e coca (cola) a volontà!

Ci era stato occultato un dettaglio, piccolo ma determinante. La pizzeria in questione dispone di pista da ballo, piccolo palco con mixer, tastiera e un impianto audio degno di un concertone del Primo Maggio. Il sabato sera vi si esibisce un fucktotum deejay-cantante-maestrodiballolatinoamericano, abbigliato con pantalone di cotone semitrasparente bianco, maglietta a strisce orizzontali bianco-blu e una papalina bianca di cotone lavorato a maglia in capoccia. L’inquietante soggetto intrattiene gli astanti con linguaggio degno di un film con Bombolo e Alvaro Vitali, e li coinvolge in vorticose bachate, rumbe, salse, bombe e alligalli, alternando il ballo con imbarazzanti performance canore live, su basi midi dei grandi successi della canzone italiana da Gigi D’Alessio a Gigi D’Alessio, senza tralasciare l’intramontabile Gigi D’Alessio.

Insomma, lo scotto per mangiarsi una quintalata scarsa di buona pizza (ciò che è giusto è giusto, la pizza era buona... solo quella con una fantomatica “nutella bianca” era stomachevole per l’eccessiva dolcezza) è stato il doversi sorbire, oltre alle splendide melodie dalessiane giustamente stuprate da qualche meritoria stecca del cantante tuttofare, lo spettacolo gratuito di alcune decine di giovani adolescen-ven-trentenni (insieme a qualche attempata signora) che alternavano i tranci di pizza con le improbabili movenze ammiccanti di musiche latinoamericane comandate da un idiota vestito da marinaretto.

La verità, comunque, è che loro, i sedicenti ballerini trangugiatori di pizza, si sono divertiti da morire. Io, invece, li osservavo sbigottito, assordato da tanti decibel inutili. E pensavo che per capire almeno un po’ l’Italia sarebbe bene passare abbastanza spesso una serata in un posto come quello. Ogni volta che sfioro simili realtà, anche solo per un paio d’ore, mi rendo conto di quanto io possa essere lontano da quella visione della vita, di quanto poco io sappia dell’anima profonda di questo paese. E, a giudicare dai risultati elettorali, non sono il solo.

Pensandoci a mente fredda, un pochino mi vergogno per la mia puzza sotto il naso. In fondo, tutta la provincia italiana è piena di gente semplice, spesso anche buona di cuore, la cui massima aspirazione è passare il sabato sera in compagnia, facendosi di pizza e merengue, senza riuscire a scambiare una parola col proprio vicino di tavolo o di pista.

Se la cosidetta “gente di sinistra” si liberasse di un po’ di pregiudizi e riuscisse a stabilire con questa Italia un contatto vero, senza guardare perennemente tutte queste persone dall’alto in basso, con un po’ di squallido razzismo perbenista, forse potremmo recuperare un po’ del terreno perduto. In tutti i sensi.