A volte mi capita di pensare, piuttosto banalmente come nello stile di questo blog (s)piacevolmente gassoso, agli incroci che attraversiamo nel nostro cammino, alle strade prese, a quelle non prese, alla compagnia che altre persone ci fanno per tratti più o meno lunghi di strada, all’effetto calamita che le compagnie più stabili e durature hanno nel riempire la nostra carreggiata di tante altre persone, di tante altre esperienze, di tante altre amicizie. Percorsi che poi raggiungono inevitabilmente altri incroci in cui il gruppo si sfoltisce, si dirada, per poi magari ricomporsi più avanti, in un moto perpetuo simile ai codici di geometria esistenziale degli uccelli di battiatiana memoria.
Arrivano poi, inevitabilmente, quegli incroci in cui si separano i cammini più importanti. Li immagino effettivamente più simili a quelle rotonde pazzesche concepite nei paesi anglosassoni, piuttosto che a normali incroci o a bivi o a trivi. Sono luoghi in cui pensi di proseguire una strada insieme alla persona che ti sta accanto, e improvvisamente la vedi prendere una direzione diversa, che non è sbagliata, ma non è più
la tua. E i sensi obbligati, i sensi unici, i divieti di inversione, i semafori non sincronizzati, i vigili che non ci sono mai ma in quel momento sono tutti lì, tutto contribuisce al distacco, e non c’è niente che si possa fare per impedirlo.
Passata la rotonda infernale, trovata la strada che pensi essere quella giusta, ti fermi un momento sul ciglio della strada e ti guardi intorno. E vedi che insieme alla persona amata si sono allontanate dal tuo cammino tante altre persone, con un effetto simile a quello del distacco dei propulsori dal corpo centrale di uno space shuttle. Quando riprendi il cammino, quindi, senti intorno a te un vuoto esteso, che sai benissimo essere colmabile, ma che in quel momento ti appare infinito. Bisogna solo accettare la nuova situazione e mantenere vivo il ricordo dei momenti felici vissuti accanto a tutti coloro che hanno diviso con te la strada, per un giorno o per 20 anni.
Oggi il Tettenham FC inizia il suo primo vero campionato (amatoriale, ma sentitissimo) di calcio a 5, fatto di trasferte e di partite in casa, qualcosa di infinitamente più grande e coinvolgente di un semplice torneo di calcetto femminile. O almeno a me così appare vedendolo dal di fuori. Sarà paradossale, ma di tutte le scelte fatte in questi mesi, di tutti gli incroci presi in direzioni diverse da quelle vissute negli ultimi anni, questo è quello che in questo momento mi pesa di più. L’astruso ruolo di “miste” di quel gruppo di matte scatenate è stato una delle cose più gioiose e gratificanti che abbia vissuto in anni recenti, anche nei momenti tesi e difficili. E pur restando serenamente e fermamente convinto della necessità di un mio distacco anche da quella esperienza, non posso fare a meno di pensare che mi mancate davvero tanto, ragazze, e che stasera mi peserà tantissimo non essere a bordo campo accanto a voi. In bocca al lupo, fatevi rispettare e soprattutto “nun le fate tirà!”.