Il mondo, si sa, è pieno di rompicoglioni. Le possibilità di incontrarne sul proprio cammino è direttamente proporzionale al mestiere che si fa, a quanto si è noti, a quanto ci si espone al pubblico. Alcune categorie professionali, come i politici, scelgono l’esposizione mediatica per cercare consenso e voti; altre, come gli artisti che lavorano nello show-biz, lo fanno per ampliare il proprio pubblico di riferimento e quindi la platea dei potenziali acquirenti di biglietti di concerti e spettacoli, merchandising, al limite persino dischi.
Quindi se la propria professione, anche superati i 50 anni, resta quella di fare il musicista e di apparire sui media per promuovere in qualche modo la propria immagine, è inevitabile che nella cerchia dei propri “fans” si verranno a trovare anche persone che fanno della raccolta di immagini registrate con i moderni mezzi multimediali una vera e propria ragione d’essere. Può non piacere, ma fa parte del gioco e va accettato con un sorriso e con tanta, tanta pazienza. A meno che non si scelga una strada tipo J.D.Salinger o Mina, opzione dignitosa e con alcuni indubbi svantaggi, ma sempre considerabile.
Io sono ancora tra quei residui romantici che crede che il rapporto tra artista e fan costituisca la migliore base per la creazione di un pubblico fedele che ti seguirà sempre e comunque. È questo, del resto, uno dei motivi che mi ha legato per tanti anni, quasi 25 ormai, a Elio e le Storie Tese. E sebbene questo rapporto si sia obiettivamente già affievolito negli anni, anche e soprattutto per l’intervenuta assenza di una figura di intermediazione tra band e fans (soprattutto cosciente ed entusiasta del suo ruolo), devo dire che mi ha molto colpito la presenza nel nuovo album degli EelST di ben due brani in cui si inveisce contro questo aspetto dell’appartenere (per scelta propria, è sempre bene ricordarlo) a una categoria professionale di persone esposte, e quindi note, e quindi soggette al desiderio di essere oggetto di foto e video da parte dei fans… oppure oggetto delle attenzioni di gente che a sua volta caga il cazzo per professione e cerca in ogni modo un contatto con l’artista famoso.
È un tema molto riconoscibile, quello dell’insofferenza, ne “L’Album Biango”, settimo lavoro di inediti in studio degli EelST in 24 anni di carriera discografica. Non solo nei due pezzi a cui ho fatto cenno sopra (“Lampo” e “Il Tutor di Nerone”), ma anche in altri pezzi come l’osannato singolo apripista “Complesso del Primo Maggio” o la sanremese “La Canzone Mononota”, in cui oggetto del malcelato fastidio della band sono in varia misura colleghi musicisti e altre persone impegnate nello stesso campo professionale; oppure in “Una sera con gli amici”, in cui si constata un po’ catalanamente che gli amici son sempre pronti a (s)parlare alle spalle degli assenti.
Il disco, complessivamente bello e gradevole da ascoltare, in verità di totalmente inedito ha abbastanza poco, specie per chi ha visto la band dal vivo almeno una volta negli ultimi due anni. Oltre ai brani presentati all’ultimo festival di Sanremo, di cui ho già parlato qui, nell’album trovano posto pezzi già eseguiti dal vivo: la bellissima "Come gli Area", introdotta da un pezzo strumentale suonato dagli stessi Area, intitolato enigmisticamente (nel senso della Settimana Enigmistica) “Reggia (base per altezza)”, che paradossalmente è a mio parere il momento più emozionante dell’intero lavoro; "Enlarge (your penis)", pezzo dalla struttura musicale davvero considerevole, ma un po’ impoverito da un testo il cui tema mi sembra affrontato largamente fuori tempo massimo; "Il ritmo della sala prove", simpatico amarcord dei garage days della band, impreziosito dall’armonica del Puma di Lambrate.
Il resto, ciò che è del tutto inedito, che per un vero fan rappresenta il principale motivo di gioia nel momento dell'uscita di un disco nuovo, scivola via senza grandi sussulti, purtroppo. Oltre alle già citate "Lampo", "Il tutor di Nerone" e "Una sera con gli amici", non mi hanno entusiasmato né l'auto-cover "Amore amorissimo" né “Lettere dal www”, blanda introduzione a “Enlarge” che suscita impietosi paragoni al gusto di sfacciottino di Papà Barzotti.
Discorso a parte merita, a mio modestissimo avviso, "Luigi il Puglista", brano dalla classica struttura di canzone melodica sanremese, scritto suonato ed arrangiato così bene che, come mi ha detto un caro amico, se lo avesse cantato Tiziano Ferro (con un testo diverso, ma non necessariamente) sarebbe rimasto in classifica un anno intero senza problemi. Se poi questo sia un pregio o un difetto lo lascio decidere a voi: non c'è dubbio però che il pezzo stia una bella spanna e mezza sopra gli altri.
Infine merita menzione "A Piazza San Giovanni", interpretata con meravigliosa enfasi finardiana da (toh!) Eugenio Finardi, che contiene quello che per me è il verso più bello dell'album: "...perché il biglietto del concerto del primo maggio è un omaggio.".
Dei 70 minuti complessivi del cd, tolti i circa 13 minuti di ghost track e un 6/7 minuti totali di intermezzi (sui quali non mi esprimo per carità di patria), restano una cinquantina di minuti di produzione; dieci minuti per ogni anno trascorso dalla pubblicazione di Studentessi. Non voglio farne necessariamente una questione di quantità, ma è un parametro che indica chiaramente il livello di priorità che un album di inediti in studio riveste in questi anni per i componenti degli EelST.
Termino queste righe con un auspicio: ieri, durante la conferenza stampa di presentazione del disco, Elio ha letto una lettera di Rocco Tanica, da qualche settimana assente sia durante i concerti (vi assicuro che la tastiera montata e vuota sul palco del PalaBAM di Mantova dove li ho visti sabato scorso faceva davvero impressione) che durante gli altri appuntamenti pubblici della band. La letterina dice (la riporto così come pubblicata sul sito di Rolling Stone Magazine): “Cari tutti, vorrei spiegare la mia assenza da concerti ed eventi promozionali. Vorrei precisare che non ci sono contrasti con i miei amici e colleghi. Ma solo la necessità di un periodo di tempo da dedicare esclusivamente a questioni personali e private per me importanti. Conto di affrontare nuove mirabolanti avventure insieme al miglior complessino che io conosca: i Rolling Stones. Se mi prendono. Ma anche gli Elio & le Storie Tese vanno bene lo stesso”.
Ecco, io spero davvero che i Rolling Stones non prendano Rocco Tanica tra le loro fila! Anzi, vorrei rivolgergli un caloroso appello: non farlo Rocco, mandali affanculo, gli Stones! Elio e le Storie Tese senza di te sono come una meravigliosa scultura in una stanza completamente buia: sai che è lì, sai che è bellissima, ma senza luce non puoi fare altro che immaginarla!