La gioiosa presenza di Elio e le Storie Tese al Festival di Sanremo di quest’anno, condita dalla vittoria dei premi “tecnici” (premio della critica e premio per il migliore arrangiamento) e dal 2° posto assoluto in classifica, mi porta a fare alcune brevi riflessioni sullo stato dell’arte e della carriera dei miei indiscussi beniamini musicali degli ultimi 23 anni.
Innanzitutto sto rivalutando moltissimo il pezzo escluso durante la prima serata, Dannati Forever, complice un videoclip in salsa Pythoniana semplicemente meraviglioso.
A parte il titolo, che trovo piuttosto brutto, il pezzo è decisamente interessante; rappresenta, in un certo senso, una Terra dei Cachi revisited. 17 anni dopo, gli Elii tornano a Sanremo e raccontano ancora una volta il nostro paese, passato da una possibile dicotomia (Italia sì, Italia no) che lasciava pur tuttavia un margine di speranza, a una semplice, amara, realistica e rassegnata constatazione: andiamo tutti all’inferno, anzi in un certo senso siamo già tutti all’inferno.
Probabilmente Dannati Forever avrebbe meritato migliore fortuna: non dico che avrebbe potuto concorrere per la vittoria finale, ma secondo me nella testa di Elio era questo il pezzo con cui puntare al 4° posto.
Il “problema” è stato che il secondo pezzo presentato, La Canzone Mononota, è talmente geniale nella sua assurdità da arrivare quasi a rappresentare la Summa Teologica della carriera degli EelST. Soprattutto al primo impatto, La Canzone Mononota folgora, sorprende, diverte, esalta. Qualsiasi pezzo avessero presentato accanto a questo sarebbe rimasto schiacciato, inevitabilmente, perché usa un linguaggio multilivello che va molto al di là della sola composizione musicale.
La Canzone Mononota è molto più vicina all’idea di “spettacolo” che non a quello di semplice “canzone”. È un pezzo studiato per stupire, è un coup-de-theatre di altissimo livello, è Petrolini, Brecht, Eduardo, i Monty Python mischiato a tutto ciò che di musicale è stato esplicitamente e implicitamente citato nel pezzo: è la storia di Elio e le Storie Tese condensata in 3 minuti e 38 secondi. Non è un caso, a mio modesto parere, che il videoclip che accompagna la canzone sia esso stesso una rappresentazione visiva di oltre 25 anni di carriera, a tal punto da sembrarmi addirittura un gioioso epitaffio.
L’ho scritto a caldo all’amico Duccio Pasqua: dopo questo pezzo gli Elii sono pronti allo scioglimento. Questo non vuol dire che la storia del simpatico complessino sia ormai giunta al termine, ma certamente – se questo dovesse accadere – chiunque li abbia seguiti per tutta o gran parte della loro carriera non potrebbe restare con l’amaro in bocca, perché, in un certo senso, ora TUTTO quello che dovevano dire come band lo hanno effettivamente detto.
Voglio poi dedicare qualche riga al vero momento “oro” dell’intero Festival 2013: l’esibizione nella serata di venerdì in compagnia di Rocco Siffredi. Lì gli Elii han fatto il vero capolavoro, perché l’intero pezzo è stato un compendio di bravura, classe e ironia. La sola idea che Rocco Siffredi potesse partecipare all’esecuzione di un brano chiamato “Un bacio piccolissimo” poteva portare a due risultati: un disastro totale o un capolavoro assoluto. In quei 4 minuti si sono concentrate come per magia un insieme di bravure molto al di sopra del normale: quella degli Elii è risaputa, ma si è espressa ai massimi livelli anche nella scelta della scenografia “piccolissima” e degli strumenti “piccolissimi”; quella di Duccio Forzano, che ha regalato ai nostri occhi – specie nell’intermezzo centrale – una regia eccezionale, essa stessa citazione di trasmissioni tv anni ’60 (la camera fissa che cambia fuoco per inquadrare alternativamente Elio e Siffredi durante il loro dialogo) che per molti di noi sono solo ricordi di Blob et similia visti e rivisti nel corso degli anni; e la bravura di Rocco Siffredi, perfettamente a suo agio nel ruolo di crooner recitante, trasfigurazione raffinatissima del più “irruento” tra i grandi pornodivi dell’ultimo ventennio. Il video potete vederlo qui, godetevelo!
Bravi, bravi davvero gli Elio e le Storie Tese. Non so se sia stato giusto che alla fine non abbiano vinto il Festival, specie perché le due canzoni arrivate nella terna finale erano davvero, ma davvero brutte. Io mi accontento del fatto che siano arrivati davanti ai Modà.