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Pensavo fosse un vezzo autoironico, quello dei Caraserena di definirsi la migliore band italiana dopo Elio e le Storie Tese. Ma, dopo avere visto lo sguardo di Vanni Trentalance – tastierista della band romana – mentre comunicava questo concetto a Rocco Tanica dopo l’eccellente performance dei musici meneghini al Parco della Musica di Roma lo scorso mese, so che l’ammirazione dei fratelli Trentalance e dei loro compagni di avventura verso Elio e soci è vera e profonda.
Fortunatamente, però, la cifra stilistica dei Caraserena è totalmente diversa da quella degli Elii, se si escludono lo smisurato amore per la musica e l’estrema serietà nell’affrontarla, fatti incontrovertibili che emergono con evidenza limpida sia dalle loro performances dal vivo che dall’ascolto del loro eccellente album d’esordio “Ricordarsi di annaffiare”.
La musica dei Caraserena è un pop estremamente elegante con decise influenze jazz, che traspaiono di tanto in tanto arricchendo una trama godibilissima e mai pretenziosa. Le loro canzoni sono scritte in maniera mirabile e suonate benissimo. Cura maniacale dei dettagli, arrangiamenti degni di una megaproduzione, testi accattivanti, intelligenti e mai banali sono le altre caratteristiche di un disco pubblicato esattamente due anni fa e che io ho colpevolmente conosciuto solo poche settimane fa. Anche se, in un certo senso, sono contento di averli incontrati adesso, perché le loro canzoni, insieme a quelle di Angelica Lubian, stanno rappresentando la colonna sonora di questa fase della mia vita, e questo fatto me li fa amare ancora di più.
“Ricordarsi di annaffiare” è un disco bello. Molto bello. E sorprendente.
Undici tracce e una sorpresa che, non appena l’ultima nota si spegne, fanno venire voglia di premere ancora il tasto play per cercare di coglierne ancora un dettaglio, una sfumatura, una suggestione. L’amico Gechino, con il quale ne parlavo qualche sera fa, mi ha detto: “Ma lo sai che a volte i pezzi dei Caraserena sembrano essere scritti da Pacifico?” Spero il paragone non faccia inorridire i fratelli Trentalance, era certamente inteso come un complimento. Io non riesco a trovare paragoni plausibili, ma nemmeno mi interessa. Ho visto i Caraserena dal vivo due volte negli ultimi mesi e la voglia che ho di rivederli ancora dopo avere vivisezionato il loro disco è per me indice sufficiente a definire la stima e l’ammirazione che ho nei loro confronti. E mi piacerebbe che l’energia che scaturisce dalla chitarra di Filippo Trentalance durante i concerti trovasse un po’ più di spazio anche nelle future prove discografiche della band, perché sono elettrizzanti scariche di adrenalina.
I miei pezzi preferiti? “Ricatti esistenziali”, che mi è entrata in testa dalla prima nota, un meraviglioso tormentone; “Il tempo di ora” e “L’implicazione molecolare”, che sono a mio umilissimo parere tra le più belle canzoni d’amore che io abbia mai sentito, “La certezza delle cose” e “Alta pressione”, per tanti motivi troppo lunghi da raccontare qui.
Hanno davanti una bella strada, i Caraserena. E condivido appieno la preoccupazione di Rocco Tanica, che a Vanni Trentalance ha risposto: “E chi sono, i Caraserena? Ah, siete voi? Bene, così so a chi fare spezzare le gambe!”.
Caraserena
Ricordarsi di annaffiare
Parco della Musica Records – 2008
I Caraserena sono finalisti a Musicultura 2010 e saranno ospiti di (Cara)Serena Dandini a “Parla con me” martedì 9 marzo. Non perdeteli!