Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Questo è il centesimo post del mio blog, e lo sto scrivendo mentre aspetto – con gli occhi assonnati ed un gran sorriso sulle labbra – di ascoltare il primo discorso del “president-elect” Barack Obama davanti alla folla dei suoi sostenitori riuniti al Grant Park di Chicago.
È stata una notte lunga, ma ho davvero l’impressione che il mondo sia oggi davanti a uno degli angoli della storia. E abbia superato la paura di svoltare. L’alba è – per una volta – davvero l’inizio di un nuovo giorno.
Mentre scrivo queste parole, John Mc Cain sta riconoscendo la sconfitta, mettendo la parola fine alla notte elettorale, alla lunga corsa per il posto di lavoro più difficile e importante del mondo.
Barack Obama sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. È bello poterlo dire e non solo sperarlo.
Si potrebbero spendere tera e terabyte di caratteri per cercare di analizzare lo stato increscioso e comatoso della politica italiana e in particolare lo stato del PD e del suo segretario Walter Veltroni.
L’orribile, oscena, ridicola, farsesca querelle Villari è un concentrato di schifezze tale che la discarica di Malagrotta, in compenso, è un atollo incontaminato dell’Oceano Indiano. E siccome da un po’ di tempo le dissennate azioni dei vertici PD mi fanno ribollire la colecisti che non ho più, sono costretto a prorompere in una nuova invettiva volgare, violenta e cattiva, diretta personalmente all’ex sindaco di Roma. Mi perdonerete se userò il linguaggio proprio delle incazzature vere, quello più vicino al mio pancreas.
Bella cazzata a’mo fatto, eh, Warterò? Me cojoni che cazzo de capolavoro. Tu lo sai che io t’ho voluto bene e t’ho rispettato, so’ stato persino onorato de avè contribuito cor lavoro mio a una stagione mica de mmerda pe’ ‘sta città. Ma popo p’er bene che te vojo (o t’ho voluto), fattelo dì sinceramente e cor core in mano. Nun ce stai più a capì un cazzo.
Lassando perde tutta la squallida eterna contesa tra i tuoi peones e quelli de D’Alema, che è sinceramente una cosa degna der Centrafrica de Bokassa, vorrei concentrare la mia analisi sul caso Villari.
Perdona la volgarità, segretà, ma sulla Vigilanza RAI hai preso una raffica de radiconi ar culo che nemmeno tutta la sezione anal de You Porn. Prima – pe nun fa’ incazzà Di Pietro – t’attacchi ar nome de Leoluca Orlando quando ormai perfino gli acari della polvere delle poltrone dell’Aula a San Macuto avevano capito che nun c’era trippa pe’ gatti, che Orlando non sarebbe mai stato eletto, perché er centrodestra non lo avrebbe votato mai come noi non avevamo votato Pecorella pe’ la Consulta. Poi, pe fatte svejà, deve arivà er blitz della maggioranza e l'elezione de Villari.
Me spieghi che cazzo ce voleva, dopo una trentina di convocazioni andate a vuoto, a tirà fori er nome de Sergio Zavoli IN QUEL MOMENTO, prima che a Berlusconi e ai suoi je venisse in mente l’operazione Villari? Nun me dì che nun ci avevi pensato, perché nun me poi pijà pe cojone a ‘sto modo.
Qual era il problema? Che Di Pietro se sarebbe incazzato con te? E perché, invece adesso secondo te l’alleanza si è rinsaldata?
Io so’ basito. Tutte le volte che si poteva essere d’accordo con Di Pietro, tu j’hai dato addosso in nome der dialogo cor centrodestra. Quando invece c’era da far valere il proprio peso politico ed elettorale maggiore, anche al costo di scegliere strade separate, tu che hai fatto? Je sei ito appresso co’ tutto er cucuzzaro, finendo in mezzo ad un mare di guano!
Tutto questo senza voler commentare la pusillanimità del senatore Villari. È un capitolo a parte, che in questo momento non mi interessa nemmeno affrontare.
La triste impressione che ne ricavo, caro Walter, è che il Partito Democratico sia un blob senza forma e senza strada, un fantoccio cieco alla mercé delle intemperie, un Tafazzi all’ennesima potenza che le mattonate sui coglioni se le va a cercare perché non può proprio vivere senza.
Non sai quanto mi costi scrivere queste righe, ma sinceramente, veramente, seriamente, me so’ popo rotto er cazzo. Non credo di essere il solo.
Ci sono cose su cui non è lecito scherzare. Verità storiche, documentate da testimoni diretti, che non possono essere messe in discussione da storici e storiografi da strapazzo, accecati dall’ideologia e dalla loro volontà manipolatoria.
Solo un manipolo di trinariciuti comunistacci – di quelli che ancora oggi dormono solo se avvolti in una lisa e rattoppata bandiera sovietica – poteva continuare a negare il fatto che Antonio Gramsci si fosse redento e avesse trovato la vera Fede (che non è la mano amica) prima di andarsene da questa Terra. La testimonianza delle suore che lo hanno assistito fino alla fine è inconfutabile: peccato che avessero la macchinetta digitale scarica proprio mentre il buon Antonio baciava l’immaginetta sacra del Bambino Gesù. Ma esse, povere sante ed ingenue donne, potevano mai credere che la loro testimonianza potesse essere messa in dubbio?
Le forze oscure della manipolazione storiografica non conoscono confini, sono la vera Spectre di questi tempi. Chi avrà mai il coraggio di rivelare al mondo, per esempio, che Adolf Hitler, poche ore prima del suicidio, fu visto aggirarsi nel suo bunker berlinese vestito da rabbino, con tanto di kippah sul capo, tenendo in mano una menorah d’oro e cantando a squarciagola “Evenu Shalom Alejem”? La testimonianza in tal senso di Karl Heinz Von Schwanzkopf, ex SS-Obergruppenführer, attendente dei gatti persiani di razza purissima del Führer, convertitosi dopo la guerra all’ebraismo ashkenazita e divenuto tagliatore di diamanti ad Anversa, è assolutamente inattaccabile! Lo dimostrano le sue memorie apocrife, rinvenute in circostanze misteriose in una cella frigorifera della macelleria del villaggio belga di Tourpes. Ma questa verità rimane sepolta sotto un cumulo di fetide menzogne. Del resto, continuare a dipingere Hitler come il più cattivo tra i cattivi cattivissimi fa un po’ comodo a tutti, diciamocelo...
Per non parlare dell’inascoltabile silenzio che nasconde la verità sulla fine del Mahatma Gandhi, che venne abbattuto a fucilate per disperazione dopo essersi reso protagonista della strage di centinaia di bramini inermi e vacche sacre, massacrati a colpi alternati di machete e scarpini chiodati da calcio, gridando bestemmie irripetibili a tutti gli dei dell’universo e rotolandosi nel sangue delle sue vittime, riservando lo stesso trattamento a chiunque cercasse di fermarlo. “Profeta della non-violenza un bel paro de ciufoli, quello era il vero Gandhi”, testimonia Arvinamandra Singhultanghar (il nome di fantasia serve a preservare la sua incolumità), intrecciatore di paglia e unico spettatore ancora vivente di quello spietato ed efferato eccidio. “Ho intrecciato ogni giaciglio su cui il Mahatma abbia poggiato le terga negli ultimi decenni della sua vita”, aggiunge Singhultanghar, “e vi posso garantire che il suo percorso nel Dharma è stato costellato di momenti che potevano far intuire il destino ultra-violento verso cui egli stava marciando”. Non aggiunge altro il nostro testimone, ma c’è davvero bisogno d'altro? Chi chiede fatti, oltre a queste inconfutabili parole, è solo un prevenuto. Chi chiede i fatti è solo che un pusher.
La verità inconfessabile è che spesso, di fronte alla morte imminente, le persone mostrano la loro parte più vera, quella magari rimasta nascosta per tutta la vita. Il perché questo accada, è un mistero che deve restare tale, per il bene dell’umanità. La grande filosofa e nobildonna franzosa Valentine Coquettes de la Tour Vielle, da noi interrogata in merito, ci ha svelato la sua teoria, bisbigliandoci in un’orecchia mentre furtiva si assicurava che nessuno ci sentisse: “ È che sbrocchi, quanno stai a morì!”.
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