Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mutatis mutandis, oggi mi sento un po' così, come in questa (a mio avviso) meravigliosa canzone degli Offlaga Disco Pax.
A casa, a casa sono rimaste le sue ciabattine di spugna. Gliele avevo comprate per non farla camminare scalza e dimenticava sempre di portarle. Oggi ho preso una busta gialla e ce ne ho messo dentro una delle due. Francobolli prioritari e domani sarà da lei. Apprezzerà, in fondo è giusto che abbia la metà delle nostre cose. Non eravamo sposati, non vivevamo insieme ma il nostro amore non merita rancori nè stupide rivalse. Sono ferito dall'abbandono, ma quel che giusto è giusto, e una pantofola a testa sarà un bel ricordo per entrambi. Un ricordo dell'amore sconfitto marca Defonseca. Pochi potrebbero vantare un trofeo del genere. Quasi nessuno nel mondo dei non feticisti. Per lo spazzolino da denti sono indeciso: se lo spezzo in due le lascio il tronchetto con le setole o quello con il manico? Mi serve un divorzista... Forse lui può consigliarmi. Non vorrei mai che pensasse che mi tengo i suoi effetti personali in ostaggio. Se torna da me non sarà per questo. E bisogna avere stile anche nei momenti peggiori; non come il mio vicino Sebastiano che quando lei lo ha lasciato si è tenuto tutta la sua collezione di scatole di assorbenti. Erano 3000 scatole: gliele ha rotte tutte. E anche a me con questi gesti incoscenti. Ho deciso; le lascio il pezzo con le setole. Domani, domani glielo mando.
(Offlaga Disco Pax, "De Fonseca", album "Socialismo Tascabile" - 2005)
Caro Beppino, vorrei essere al tuo fianco, guardarti negli occhi, piangere con te, stringerti le mani e ringraziarti per l’altissimo atto di eroismo civile che hai compiuto per tutti noi insieme a tua figlia Eluana. La tua battaglia, come quella di Piergiorgio Welby, come quella di Luca Coscioni, come quella di Giovanni Nuvoli, è uno dei pochi motivi che mi spinge oggi a continuare a vivere in questo paese assurdo, piegato al volere della Città del Vaticano, uno stato straniero che vive dentro di noi come un corpo estraneo, terribile e potentissimo.
Se stasera riesco a sopportare la visione del ghigno satanico di Maurizio Gasparri che ti accusa di omicidio delle spoglie di tua figlia Eluana, che accusa il Presidente della Repubblica di essere il mandante di questo “atto di eutanasia”, se riesco a non imbracciare una mazza da baseball o una roncola è solo grazie al pensiero che in Italia ci sono persone coraggiose e civili come te.
Vivere in Italia avrà un senso fino a quando i Beppino Englaro avranno voce e continueranno ad insegnarci cosa vuol dire rispetto della legge, tenacia, onestà, dignità, amore.
Grazie Beppino, io ti sono riconoscente, tanti italiani ti sono riconoscenti. Sono certo che Eluana è orgogliosa di te e ti ama tanto quanto tu hai amato e ami lei.
Non ho voglia di tentare analisi politiche, elucubrazioni di varia natura e masturbazioni cerebrali sul percorso che ha portato alle dimissioni di Veltroni da segretario del PD. Non mi interessa e ci sono fior di analisti e commentatori che si cimentano in queste ore sul tema.
Ormai la situazione di Veltroni era diventata insostenibile. Ma proprio per questo pensavo (temevo) che non avrebbe mai mollato. Non per una volgare voglia di tenersi attaccato alla poltrona, ma per quella tenacia che gli va comunque riconosciuta. E invece lo ha fatto. Se n’è andato, senza sbattere porte ma togliendosi qualche sassolino dalle scarpe.
Perché se è vero che le sue responsabilità sono enormi, è altrettanto vero che esse sono condivise dall’intero gruppo dirigente del PD. Paga Veltroni per tutti, come è giusto che sia, perché il segretario è lui. Ma...
Ma se io mi sono allontanato dal PD, dopo le elezioni perse lo scorso anno (nazionali e soprattutto romane), non è stato solo per colpa di Veltroni; non è stato solo per la quasi totale mancanza di atti concreti volti a trasformare principi nobili e condivisibili in reale proposta politica; non è stato solo per l’enorme difficoltà di dare un’identità a un partito che giorno dopo giorno sembrava sempre più un mero cartello elettorale, come tale destinato alla dissoluzione di fronte a una serie di sconfitte alle urne.
Se ho lasciato il PD è stato soprattutto perché non volevo finire chiuso in una delle gabbie correntizie, piene di livore e di risentimenti spesso personali e sclerotizzati, che sono state finora gli unici tasselli visibili di questo assurdo tetris che è il partito democratico. Io sono un democratico, io sono un riformista, io sono un progressista, io sono un laico, e non me ne può fottere di meno di essere riconosciuto, identificato, etichettato, bollato come Veltroniano, o Dalemiano, o Rutelliano, o Bindiano, o Lettiano.
E poi, tornando ai contenuti, la cosa davvero terrificante è che, almeno finora, il PD si è mostrato all’Italia come l’esatta negazione di sé stesso. Non è democratico, anzi è una casa chiusa da enormi chiavistelli. Non è riformista, perché incapace di qualsiasi proposta che abbia attinenza con i problemi dell’Italia. Non è progressista né laico, perché c’è voluto un dramma umano enorme come quello della famiglia Englaro per fargli timidamente rialzare la testa nei confronti della curia vaticana.
La maggior parte dei problemi del PD hanno origine da prima (molto prima) della fondazione di questo partito. Veltroni ha provato a nascondere la polvere sotto al tappeto per cucire insieme le pezze di questo enorme patchwork. Ma si è trovato davanti un sahara di sabbia da infilare sotto uno zerbino. Nun jaa poteva fà.
Se tutta questa crisi dovesse risolversi nell’ennesimo cambio in corsa (fuori Veltroni, dentro D’Alema o chi per esso), nell’ennesimo giro di valzer autoreferenziale, beh, non mi resterà che prepararmi a morire (tra tanti tanti anni, spero) infelicemente berlusconiano.
Non scrivo da tempo, lo so. Poco entusiasmo, poca voglia, poco tutto.
Sto vivendo una fase da Ctrl+Alt+Canc, sono alla ricerca di un tasto Reset che serva almeno a farmi ripartire nell’illusione di avere cancellato la cache, la memoria a breve termine.
Se non altro perché gradirei una progressione anche lenta ma costante, non influenzata dalla memoria di quanto accaduto in questi ultimi mesi. Un “ricominciare piano piano dalla base e tra le rose lentamente risalire”. Qualche segnale positivo arriva, forse non ci sarà bisogno né della pala per scavare né dell’argano a motore per riprendermi.
Ma non chiedetemi di entusiasmarmi per la segreteria Franceschini del PD, c’è un limite anche al più incosciente ottimismo.
Ogni momento è speciale, perché ogni momento nasce una nuova vita. Ci sono momenti, però, ci sono giorni che si ricordano con maggior piacere, con maggiore emozione. Perché la vita che nasce ti è vicina, ti è accanto, è in qualche modo parte di te.
Oggi è nato Matteo, primogenito di mio fratello Dario e di Laura. Il primo figlio della mia famiglia da quando nacque, nel 1974, mia sorella Cristina. È un giorno speciale, che mi ha riempito di emozione, che spero ricorderò per sempre.
Benvenuto, Matteo, stai attento a tuo zio Tracca e alla musica che ti farà ascoltare. E soprattutto, dai retta alla mamma e diventa romanista, non fare come tuo padre e tuo zio che passano la vita a soffrire appresso al Toro!
Premetto che di Sabrina Ortolani sono un fan, che adoro i suoi quadri e che mi ha dimostrato amicizia vera. Per cui i miei giudizi e le mie considerazioni sono smaccatamente di parte. Premetto anche che non sono un esperto d’arte, e che quindi i miei giudizi e le mie considerazioni nascono unicamente dalle emozioni che i suoi lavori suscitano in me.
Ho visto per la prima volta i quadri di Sabrina nell’aprile 2007, all’inaugurazione della sua personale al Momart Café di Roma. Rimasi immediatamente folgorato dalla bellezza e dalla forza che scaturivano dalle sue tele. Eppure i soggetti preferiti di Sabrina sono macchine agricole ed industriali, automobili in disuso o demolite, betoniere, rottami, paesaggi urbani, fabbriche.
Scarti.
Complementi della nostra vita quotidiana, cose che ci circondano e alle quali non prestiamo quasi mai attenzione. O che, al massimo, ci colpiscono per la loro bruttezza ed insignificanza.
Un soggetto, in particolare, colpì immediatamente la mia immaginazione di romano spesso immerso nel traffico cittadino: la Tangenziale. E in particolare quel tratto della sopraelevata tra Castrense e Passamonti, citato milioni di volte negli Ondaverde di ogni radio, che domina il tratto iniziale della via Prenestina e lo Scalo San Lorenzo. Non so se avete presente. L’unico posto al mondo in cui mi sono sentito ugualmente dominato dall’incombenza di una sopraelevata è stato Bangkok.
Guardando quel quadro, pensai che se c’è un tratto dominante nella pittura di Sabrina è quello di saper svelare agli occhi del mondo la bellezza nascosta delle cose. La sua "Tangenziale 4" va al di là degli strati di nero depositati dai gas di scappamento in decenni di traffico e accende la luce sulla maestosa immensità del groviglio di cemento armato e acciaio e ruggine che forma la nostra tangenziale.
Sabrina Ortolani mette a nudo la bellezza non scontata, la bellezza da scoprire dietro le apparenze, così diversa da quella patinata, banale, omologata, noiosa e volgare che domina l’Italia di oggi. E io, che al tema sono sempre stato particolarmente sensibile, di quell’idea (e di quella tela) mi innamorai perdutamente.
Dopo avere decorato, in forma di fotografia, lo sfondo del mio desktop per oltre un anno, da ieri sera la tela “Tangenziale 4” di Sabrina Ortolani (80x120 cm, olio e bitume su tela, 2006) troneggia nell’ignobile salottino di casa mia, oscurandone il resto con la sua abbagliante bellezza. Senza citare la sindrome di Stendhal (ma, ohibò, l’ho fatto!), quando ho tolto la carta da pacchi che lo avvolgeva e girato la tela verso di me mi è letteralmente mancato il fiato.
Come ho scritto subito dopo a Sabrina, che ringrazio ancora pubblicamente – dopo averlo fatto in privato – per avere scelto me come acquirente della sua "Tangenziale 4", devo al più presto comprare un’altra sua tela per guarire dall’incantesimo... o caderne vittima per sempre.
Sabrina espone al Brancaleone di Roma fino al 17 aprile 2009.
Va bene la convivialità, i buoni rapporti da mantenere, il fattore U così amato dal nostro premier... Ma a me 'sta foto mi inquieta moltissimo: se non altro perché vedere Berlusconi più alto di Obama è una falsità degna di una banconota da ventottomilalire (cit.).
Da qualche tempo, ogni volta che mi capita di leggere La Stampa, giornale torinese che popolarmente ha sempre avuto il significativo nomignolo de "La Busiarda", sono piacevolmente sorpreso. Confesso di leggerla quasi solo perché parla quotidianamente del Toro, in maniera meno oscena di quanto non faccia Tuttosport...
Ma talvolta - negli ultimi tempi - mi capita di leggere lì sopra articoli che condivido dalla prima all'ultima riga. Per esempio, nella gran confusione creata dalla trasmissione di Santoro sul terremoto in Abruzzo, Lietta Tornabuoni scrive oggi un articolo lucido e splendido. Almeno secondo me.
Saranno i 40 anni, ma un po' mi preoccupa il fatto di apprezzare il giornale della famiglia Agnelli. Metteteci pure che sto pensando di comprare una Fiat... Se dovessi dar segni di juventinismo incombente, ve ne prego: sparatemi prima.
Oggi, passando casualmente davanti a un noto negozio di dischi in zona Stazione Termini, ho avuto la tentazione di entrare a dare un’occhiata. Su uno scaffale in alto, abbastanza bene in vista, c’era un cd, apparentemente un doppio, finora mai visto, di Rino Gaetano. “La solita antologia”, ho pensato, un po’ infastidito dall’uso e l’abuso che delle canzoni di Rino è stato fatto negli ultimi 10 anni, dopo quasi 20 anni di oblio pressoché totale, durante i quali il perpetuarsi della memoria del grande artista romano di Calabria è stata affidata a un manipolo di fedelissimi attaccati a lp di vinile gracchiante e audiocassette con i nastri ormai smagnetizzati dai mille e mille passaggi sulle testine di piastre, autoradio e walkman.
E invece.
Il nome del cofanetto mi ha messo in allarme: “Rino Gaetano Live & Rarities”. Live? Live? Live come ‘laiv’? Live come ‘laiv eid’? Live come dal vivo, come concerto? Una mezza bestemmia di gioia e stupore è affiorata dalle mie labbra. Ma come, sono almeno 25 anni che immagino come avrebbe potuto essere un concerto di Rino Gaetano (dato che per motivi anagrafici non sono riuscito a vederlo in azione), che cerco disperatamente un qualsiasi bootleg di merda registrato a manovella senza aver mai trovato niente di niente... e adesso scopro che qualcuno ha tenuto in un cassetto per 32 anni (32 fottutissimi anni!) una registrazione quasi perfetta di una buona parte di un concerto di Rino?
Acquisto, pagamento, scartamento, corsa in macchina e piazzamento del cd nel lettore sono azioni che sono avvenute, ma di cui non posseggo memoria (però ho la ricevuta del parcheggio, quindi non ne sono scappato dopo aver divelto la barra dell’uscita). Vi giuro che poche volte in vita mia ho iniziato l’ascolto di un disco con emozione paragonabile. E l’emozione è mutata in commozione quando ho sentito la voce roca e tagliente di Rino intonare la seconda strofa di “Mio fratello è figlio unico”.
Questo cd è una testimonianza fantastica, la materializzazione di una delle più grandi fantasie musicali della mia vita (molto più di sentir suonare dal vivo i Beatles o i Doors, per dire...), e almeno al primo ascolto non ne sono rimasto affatto deluso. Anzi.
Al di là delle canzoni e degli arrangiamenti live che pure mi incuriosivano moltissimo, sono gli intermezzi tra le canzoni, le poche frasi dette da Rino tra una canzone e l’altra, ad essere il tassello mancante della mia conoscenza dell’artista Rino Gaetano. Non una sillaba è buttata lì per caso. Rino costruisce ponti di umorismo ed invettiva che incollano i pezzi per farne un racconto in forma di concerto. Una meraviglia. E lui, un grandissimo. Come avevo sempre immaginato.
Il concerto è stato registrato nel periodo migliore dell’attività di Rino, nell’estate del 1977, dopo l’uscita di “Aida”. Peccato non vi sia nemmeno un pezzo del suo primo album, “Ingresso Libero”, che oggi è di gran lunga il disco di Rino che preferisco. Ma è stato talmente bello immaginarmi tra il pubblico di San Cassiano (Lecce) in quella calda serata estiva del 1977 che pur provandoci, non sono riuscito a cantare nemmeno una nota. Ho lasciato che l’aria dell’abitacolo della mia Clio fosse riempita solo dalla sua voce, a me così nota eppure così nuova. E la commozione prosegue mentre scrivo queste righe con un paio di auricolari nelle orecchie, ve lo garantisco.
Sono orgoglione di ospitare su questa pagina un intervento del Dr. Marok in persona!
...sarà capitato anche a voi di sentire gente che dice che il nostro governo è fascista... che al potere c'è la mafia... qualcuno, ancora più pessimista, dice che comanda la CHIESA CATTOLICA! Ecco, io non sono d'accordo: nè il Duce, nè la Mafia, nè il Papa, da soli, avrebbero MAI partorito una STRONZATA colossale come quella della settimana scorsa.
Riassumendo: alla Lega nord i venditori di kebab proprio non vanno giù. In parte perché sono arabi e/o NEGRI, quindi non fanno cibo Padano. In parte perché la notte lavorano solo loro: gli italiani, giustamente, vogliono ubriacarsi e fare casino. Ed il sabato notte i VECCHI che votano lega vogliono dormire... e son problemi!
Quindi, scartata l'idea di togliere la licenza a chi è arabo, scartata l'idea di vietare il kebab perché cibo non padano... ecco la genialata: - DIVIETO DI MANGIARE ALL'APERTO, a qualunque ora, perché si fa casino e non è bello. - DIVIETO DI MANGIARE DOPO L'UNA DI NOTTE, anche dentro ai locali, perché di notte si dorme. - DIVIETO DI VENDERE BIBITE CONFEZIONATE (lattine, bottiglie) ASSIEME A GELATI E KEBAB.
Paura eh? Tranquilli, è solo in Lombardia. Vivete in Lombardia? Cazzi vostri!
Ma andiamo con ordine: ecco il testo della legge (formato word):
Potete consultarlo in versione html qua:
L'ordinanza riguarda "imprese artigiane", non solo i kebab. Quindi? Boh... gelaterie, pasticcerie, piadinerie, rosticcerie, pizzerie d'asporto... insomma, tutti i posti in cui si mangiava "al volo" di notte... almeno fino a ieri.
Riporto i passaggi più divertenti:
Articolo 2 comma 2 "E' consentita la vendita, da parte delle imprese artigiane, degli alimenti di propria produzione per il consumo immediato nei locali adiacenti a quelli di produzione, con esclusione degli spazi esterni al locale ove si svolge l'attività artigianale, tramite l'utilizzo degli arredi dell'azienda e di stoviglie e posate a perdere, ma senza servizio e assistenza di somministrazione."
Vuol dire che i locali non potranno più avere un dehors, cioè uno spazio all'aperto con tende, sedie e tavolini. Però, il divieto di mangiare e bere in "spazi esterni al locale" implica esplicitamente e senza ombra di dubbio che, in generale, NON potete mangiare e bere ALL'APERTO. Capito? Il gelato ve lo mangiate in gelateria! Dove, in gelateria? Checcazzo ne so... arrampicatevi... dimagrite! Per la muratura delle fontane, si stanno organizzando.
Articolo 2 comma 3 "Negli spazi di cui al comma 2 la vendita di bevande diverse da quelle prodotte e trasformate dall'impresa artigiana è vietata, salva dichiarazione di inizio attività produttive (DIAP), ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 2 febbraio 2007, n. 1 (Strumenti di competitività per le imprese e per il territorio della Lombardia). "
Vuol dire che gelaterie, pasticcerie, piadinerie, rosticcerie, pizzerie d'asporto e kebab NON potranno più vendere bottiglie d'acqua e lattine di coca o di birra. Se proprio devono vendere qualcosa da bere... devono produrlo loro. Come? Boh... checcazzo ne so... spremano due arance, frullino frutta a cazzo, distillino whisky. E questo è un bel passo avanti: qual è l'unica cosa PULITA che solitamente riuscivate a portare fuori da un kebab? La lattina di birra! O di coca, se siete particolarmente sfigati. E adesso? Adesso VI ATTACCATE AL CAZZO! E bevete NELLO SKIFO! Vedrete, diventerete puliti fuori e belli dentro... proprio come Borghezio.
Articolo 3 comma 1 "Gli orari di apertura e chiusura al pubblico delle imprese artigiane di produzione e trasformazione alimentare che effettuano la vendita dei propri prodotti per il consumo immediato sono rimessi alla libera determinazione degli imprenditori, nel rispetto della fascia oraria compresa dalle ore sei alle ore ventiquattro"
Il sito della regione riporta un emendamento non incluso nel testo: "viene consentita l'apertura notturna sino all'una e non più solo fino alle ore 24" Fonte: Consiglio Regionale della Lombardia! Siete contenti? TUTTI I LOCALI DEVONO CHIUDERE ALL'UNA! ALL'UUUUUUUUUUUUUUUUUNA! KAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAASTROX!!!*
E se avete fame di notte? CAZZI VOSTRI! I veri Padani tengono sempre un maiale in frigo.
Scherzi a parte, non credo che ai giorni nostri esista un angolo di mondo occidentale in cui qualcuno abbia mai esternato cazzate di questa portata. Nel caso l'abbia fatto, è stato internato. Credo che neanche in Arabia Saudita ci siano leggi del genere! A Dubai si va in galera per il fumo... non per il GELATO. Pur di rompere i coglioni ai cazzo di kebab, la Lega vuole impedirvi di farvi I PORCI CAZZI VOSTRI nelle VOSTRE strade, di MANGIARVI UN TRANCIO DI PIZZA in un dehors dopo l'una di notte! Tantovale andare tutti all'ospizio.
Quello che mi preoccupa, tra l'altro, non è tanto la legge fatta dalla Lega, che mi sorprende ma fino a un certo punto, quanto il consenso che queste leggi del cazzo sembrano trovare in buone fette della popolazione.
Non è che al di fuori della Lombardia si stia molto meglio: a Torino hanno levato il Traffic Free Festival alla Pellerina per colpa di un gruppo di rincoglioniti vecchi sfigati testedicazzo di merda, che si lamentavano perché c'era RUMORE. Il Traffic durava QUATTRO GIORNI L'ANNO (tra cui un weekend) ed era nel CENTRO della Pellerina, un parco di 800.000 mq: le case non si vedevano nemmeno col TELESCOPIO!
Insomma, il futuro non sempre è sinonimo di progresso. Anzi, di stronzate ne hanno fatte tante, da noi, specie negli ultimi anni. Però una grossa come quella di chiudere le pizzerie ed i GELATAI, finora, mai.
Per dire la vostra su tutto ciò, potete tranquillamente usare il forum, per gli amici Buco: http://www.marok.org/Buco/comments.php?DiscussionID=137
Però, cari milanesi e lombardi in genere, invece di farvi le seghe davanti al computer, secondo me è meglio se scendete in strada. E mangiate tanti, tantissimi kebab davanti alla sede della Lega Nord.
Il fatto di distruggere l'informazione, incoraggiare la delinquenza, creare un milione di posti di lavoro IN MENO, ridurre un paese sul lastrico e farlo schifare dal resto del mondo... è tollerabile, via. In fondo, chissenefotte.
Però sentire che le vostre strade a poco a poco si svuotano, diventano buie, mute e pericolose, vedere spegnersi i colori ed i suoni della notte, perdere il gusto di rompere i coglioni ai vecchi stronzi sfigati di mmmmerda rincoglioniti che di notte vogliono dormire... è assolutamente intollerabile.
La libertà di scendere in strada, mangiarvi un boccone e popolare le strade delle vostre città fino all'alba è il primo diritto che dovete difendere con le unghie e con i denti!
Questi link testimoniano che un po' di gente si è già organizzata: http://milano.repubblica.it/dettaglio/legge-anti-kebab-la-protesta-in-strada/1622305 http://milano.repubblica.it/dettaglio/legge-anti-kebab-la-rivolta-e-online-ritroviamoci-a-mangiare-in-strada/1621879 Quindi, mi raccomando, amici lombardi, datevi da fare! E, se avete bisogno che vi faccia le foto "il mondo non mangia Padano" mentre vi gustate kebab e gelato davanti alla sede della lega nord, chiamate pure! Sono sempre lieto di dare una mano, quando serve! :D
*tipica imprecazione sabauda risalente al 18° secolo e mezzo.
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