Io non so cosa mi stia succedendo. Non so se è l’età che avanza, i neuroni che si bruciano, i radicali liberi che si mangiano i miei elettroni… Ma sempre più spesso faccio pensieri che mi perplimono profondamente, anche perché sono spesso in totale contraddizione tra loro.
Ci sono giorni in cui mi sento giacobino, perennemente indignato, estremista e desideroso di assistere ad una rivoluzione anche cruenta (magari facendomici addirittura trascinare a dispetto della mia conclamata apatica codardia), pur essendo ben consapevole che sarebbe solo l’anticamera di una nuova e ancora più terribile ondata di riflusso, persino più lunga di quella che ci ha travolti tutti negli ultimi 30 anni.
In altri momenti, invece, il mio cervello produce depositi gassosi sorprendenti, che cerco di espellere perché davvero maleodoranti.
Alcuni esempi?
“Certo, poveraccio Cuffaro, alla fine è l’unico politico che è finito in galera. Mi fa quasi pena, davvero.”
Oppure:
“Ma se avesse davvero ragione Berlusconi? Se le serate di Arcore fossero davvero state solo delle cene condite di video autocelebrativi e canti apicelleschi, senza nessun bunga-bunga? Se l’inchiesta fosse solo l’ennesima macchinazione per sputtanarlo, che oltre tutto non avrà altro risultato se non quello di rafforzare ancora la schiera dei suoi fedelissimi?”.
Ne converrete, sono pensieri piuttosto sorprendenti per il mio cervello.
E per quanto io cerchi di combatterli pensando razionalmente “1-100-1000 Cuffaro! (tutti i mafiosi di merda in galera!)” oppure “Ma sticazzi del bunga-bunga, basterebbe la telefonata fatta per far rilasciare Ruby a costringerlo alle dimissioni e alla perenne interdizione da qualsiasi carica pubblica”, quei pensieri un po’ stracquadanieschi si annidano nella mia testa e ci fanno la tana. E io me ne spavento.
Tanto più che la mia previsione su come finiranno i due casi citati non lascia spazio all’ottimismo.
Cuffaro si farà un po’ di Rebibbia, verrà messo presto ai domiciliari, sconterà la pena con le dovute riduzioni di legge, beneficerà di misure alternative facendo magari un po’ di servizi sociali e alla fine ne uscirà da semi-eroe. Sarà candidato di nuovo al Senato e, se mi sentirei di escludere un suo ruolo istituzionale o di governo, sono convinto che una presidenza di commissione o una vicepresidenza dell’aula non gliela leverà nessuno.
Berlusconi riuscirà ad ottenere il tanto agognato salvacondotto e la fine di tutti i processi a suo carico, a patto di uscire dalla vita politica del paese e godersi la vecchiaia in una delle sue tante residenze dorate. Tanto, a mandare avanti il governo ad aziendam del paese ci penserà sua figlia Marina, che ne raccoglierà l’eredità come descritto da Alessandro Gilioli sul suo blog, solo che tutto avverrà ben prima del 2021.
Dite che è il caso di passare direttamente dai betabloccanti all’eroina?
Il genio politico di Massimo D’Alema condurrà il Partito Democratico dentro l’ennesimo baratro. Alla fine a votare per il PD resteranno solo gli uomini di apparato, che sono ancora tanti ma non credo bastino per vincere le elezioni. Il volere cercare a tutti i costi un asse preferenziale con il cosiddetto Terzo Polo mi appare l’ennesima incredibile cazzata partorita dal cervello di un genio della politica giocata su un tavolo stile Risiko e che non ha ormai nessuna attinenza con la realtà.
Non ritengo di avere un’intelligenza politica particolarmente spiccata (in linea con la mia intelligenza tout-court, una cosa normale…), ma la mia banalissima idea è questa. Il PD avrebbe potuto, grazie alla sua indubbia consistenza numerica, porsi come perno forte di un’alleanza con Vendola e Di Pietro, assumendone la leadership. Fatto e consolidato questo blocco, poi, si poteva eventualmente contrattare coi democristofascisti di Casini, Rutelli e Fini per un’alleanza tattica al fine di liberare l’Italia da Berlusconi e avere una legislatura (una sola, però) di ricostruzione morale della politica italiana. Dopo, ognuno per la sua strada. La sinistra a fare la sinistra, la destra a fare la destra.
Invece no. Anche Bersani è diventato vittima della tafazzista sindrome del “fedeli alla linea anche quando non c’è”, che colpisce regolarmente chiunque provi a guidare (hahahaha!) il PD. Tanto, alla fine, si fa sempre quello che dice D’Alema o quello che dice Veltroni. E si perde sempre. A volte, addirittura, si fa quello che dicono sia D’Alema che Veltroni, contemporaneamente e anche se le cose che dicono sono simili all’apparenza ma diversissime nella sostanza. In questi casi la migliore ipotesi è ritrovare il relitto in fondo alla Fossa delle Marianne.
Al di là del voto dei magnifici tre-tre Domenico Scilipoti, Massimo Calearo e Bruno Cesario, per tacere di quello dell’indigente Razzi che poverino non arriva a pagare il mutuo a fine mese, il culo di Berlusconi è stato salvato da due deputate di Futuro e Libertà. Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori hanno mollato all’ultimo momento Gianfranco Fini e hanno votato contro la mozione di sfiducia presentata dalla formazione cui avevano da poco tempo aderito. Sono voti comprati? Non lo so, non credo. Ma, onestamente, mi sembra paradossale, allucinante e incredibile il fatto che siano state 2 donne a salvare Berlusconi. Così come da sempre le donne rappresentano una delle massicce basi del suo elettorato. Io mi chiedo: ma possibile che il più sessista tra i leader politici italiani sia ancora così amato dalle donne di centrodestra e da tante donne che non hanno una opinione politica definita ma subiscono il suo fascino? Vi prego, aiutatemi a capire: cosa ci trovate, ancora oggi, in Berlusconi?
Ma voi ci avete creduto? Io nemmeno per un momento.
Sono sempre stato sicuro che il governo non sarebbe caduto, che Fini si sarebbe accontentato: a) di un rimpasto; b) del riconoscimento del ruolo politico di FLI (apro una parentesi: ci vuole tanto a far capire a chi lavora nei media italiani che si dice “di FLI” e non “del FLI”? Che si dice “il PDL” e non “la PDL”? Ma “la” di cosa, di venia? La Puttana della Libertà? E poi: PDL significa “Popolo DELLA Libertà” e non “Popolo DELLE Libertà”! Ma ci vuole tanto? È così difficile? E che cazzo…); c) di un paio di poltrone in più nel nuovo governo Berluskiz Quinto.
Io all’afflato democratico di Bocchino e Granata, scusatemi, credo come alla castità di Ron Jeremy. E alla fine, vedrete, anche Berlusconi accetterà di dirigere un governo in cui non sarà più il duce onnipotente, piuttosto che andare a fare il ministro di stocazzo in un governo Tremonti qualsiasi. Non conviene a nessuno che la legislatura finisca adesso, facendo così sfumare la prospettiva del ricco vitalizio a quei deputati one-shot che, si spera, dopo questa legislatura non rivedranno più gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama se non in televisione.
E a chi ha riposto qualche flebile illusione sulla fatidica (?) data del 14 dicembre, con amorevole comprensione e in verità dico: è più facile che un Catoblepa risorga dalla vasca dell’analcolico Moro piuttosto che si arrivi a votare la sfiducia al governo Berlusconi. Amen.
Torno dopo tanto tempo a scrivere qualcosa sul mio blog; e non è una cosa comoda da scrivere. Voglio esprimere la mia opinione sullo Scudo Alfano (concordo con Travaglio che la parola “lodo” non si addice affatto a questa fattispecie).
Se deve esistere uno scudo che protegga le principali cariche dello Stato da processi a loro carico durante il periodo del mandato, allora è inevitabile che questo scudo possa essere utilizzato più volte dalla stessa persona. Altrimenti diventa davvero una legge ad personam e non una legge che protegge una funzione, una istituzione. In parole povere: se è l’istituzione, il ruolo pubblico che deve essere difeso, allora lo scudo va applicato sempre, indipendentemente da chi sia il soggetto che in quella fase storica occupa uno dei due posti più importanti della nostra malmessa Repubblica. E non esiste nessun vincolo, per quanto poco io ne sappia, che impedisca a chi fa il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica di esercitare questo incarico per più mandati consecutivi oppure di passare da un ruolo all’altro.
Quindi se lo scudo, una volta approvato, proteggesse Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano da eventuali processi a loro carico, la protezione sarà valida fino a quando una di queste due persone ricoprirà una delle due cariche in questione. Siccome Giorgio Napolitano non ha processi a suo carico e mi sembra difficile che al termine del suo settennato venga rieletto al Quirinale o voglia aspirare a una carriera di tipo putiniano, resta il caso di Silvio Berlusconi.
Se lo scudo alfaniano è una norma generale, di civiltà e garanzia per il bene della Repubblica, allora DEVE essere reiterabile. Se Silvio Berlusconi dovesse essere scelto ancora una volta come Capo del Governo o venisse eletto Presidente della Repubblica dopo l’approvazione di un siffatto scudo, egli dovrà essere messo al riparo dai processi. Punto e basta. Altrimenti lo scudo Alfano diverrebbe sì una legge ad personam, ma paradossalmente contro Silvio Berlusconi e non a suo favore.
Gianfranco Fini e i suoi accoliti dovrebbero rendersi conto da soli che sostenere uno scempio della legalità come lo scudo Alfano, per poi lavarsi la coscienza dicendo che esso non deve essere reiterabile, è una bestemmia del diritto e della uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Io, personalmente, sono da tempo a favore dell’approvazione di una legge formata da un solo articolo piccolo e semplice: “Il signor Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, non è inquisibile per nessun tipo di reato e il suo patrimonio non è in alcun modo sottoponibile a confische di alcun genere.”. Ce lo leveremmo dalle palle per sempre e anche a sinistra ci sarebbe finalmente un alibi di meno e una ragione in più per proporre qualcosa di serio per questo paese sempre più triste.
Per festeggiare l’approvazione al Senato della legge-bavaglio sull’informazione, inizio la pubblicazione di scottanti intercettazioni di cui sono entrato in possesso grazie ai miei validissimi contatti. Contro ogni censura, per la libertà di espressione, per l’applicazione dell’Articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”
Italia, luogo non precisato, un paio di mesi fa. Intercettati: Presidente (P), Assessore (A).
A: “Presidente Carissimo, complimenti e congratulazioni!” P: “Grande, è stata una vittoria travolgente! Siamo pronti a metterci al lavoro?” A: “Guarda, ho già dei dati aggiornatissimi e fantasmagorici che potrai comunicare nella tua prima conferenza stampa” P: “Addirittura? Ma tu mi sorprendi!” A: “Eh, non stiamo mica qui a pettinare le bambole, sai?” P: “Beh, alle bambole altro che messa in piega… Una bella spazzolata!” A: “Esattamente! Ma guarda, i dati di cui ti dicevo…” P: “Dimmi, dimmi…” A: “Li ho avuti un minuto fa e ho pensato subito di chiamarti” P: “Non farmi stare sulle spine, però…” A: “Allora, reggiti forte: nei primi 6 minuti del nostro mandato abbiamo avuto un incremento del 415,7% rispetto allo stesso periodo del 1762!” P: “Ma sei sicuro?” A: “Sicurissimo!” P: “Ma è stupefacente! Oh, e pensare che ancora non ti ho nominato!” A: “Ti rendi conto? E pensa a cosa ci aspetta nei prossimi 4 anni!” P: “Guarda, io l’ho sempre detto che sei il mio assessore preferito…” A: “Eh, grazie, grazie…” P: “Convoco la conferenza stampa e poi tutti al Tillionaire a festeggiare a Caol Ila e Jaegermeister!” A: “Ottimo! Ricorda di chiamare anche il resto della squadra, però, specie le colleghe Armonia e Commercio Internazionale!” P: “Scherzi? Ma naturalmente! Senza di loro non c’è festa! Le chiamo immediatamente! Guarda, ora chiamo pure il Tillionaire e ci faccio preparare un concertino e dei piattini tutti per noi!” A: “Ma lo vedi che sei tu il grande? Idea geniale! Mi sta già salendo l’acquolina…” P: “Eh, ma attento alla pressione…” A: “Tranquillo! Dai, ci si vede tra poco!” P: “Ciao! A dopo! Ma dai… + 415,7%... chi lo avrebbe mai detto… Graaaande!!!!” CLIC CLIC
Pensavo fosse un vezzo autoironico, quello dei Caraserena di definirsi la migliore band italiana dopo Elio e le Storie Tese. Ma, dopo avere visto lo sguardo di Vanni Trentalance – tastierista della band romana – mentre comunicava questo concetto a Rocco Tanica dopo l’eccellente performance dei musici meneghini al Parco della Musica di Roma lo scorso mese, so che l’ammirazione dei fratelli Trentalance e dei loro compagni di avventura verso Elio e soci è vera e profonda.
Fortunatamente, però, la cifra stilistica dei Caraserena è totalmente diversa da quella degli Elii, se si escludono lo smisurato amore per la musica e l’estrema serietà nell’affrontarla, fatti incontrovertibili che emergono con evidenza limpida sia dalle loro performances dal vivo che dall’ascolto del loro eccellente album d’esordio “Ricordarsi di annaffiare”.
La musica dei Caraserena è un pop estremamente elegante con decise influenze jazz, che traspaiono di tanto in tanto arricchendo una trama godibilissima e mai pretenziosa. Le loro canzoni sono scritte in maniera mirabile e suonate benissimo. Cura maniacale dei dettagli, arrangiamenti degni di una megaproduzione, testi accattivanti, intelligenti e mai banali sono le altre caratteristiche di un disco pubblicato esattamente due anni fa e che io ho colpevolmente conosciuto solo poche settimane fa. Anche se, in un certo senso, sono contento di averli incontrati adesso, perché le loro canzoni, insieme a quelle di Angelica Lubian, stanno rappresentando la colonna sonora di questa fase della mia vita, e questo fatto me li fa amare ancora di più.
“Ricordarsi di annaffiare” è un disco bello. Molto bello. E sorprendente.
Undici tracce e una sorpresa che, non appena l’ultima nota si spegne, fanno venire voglia di premere ancora il tasto play per cercare di coglierne ancora un dettaglio, una sfumatura, una suggestione. L’amico Gechino, con il quale ne parlavo qualche sera fa, mi ha detto: “Ma lo sai che a volte i pezzi dei Caraserena sembrano essere scritti da Pacifico?” Spero il paragone non faccia inorridire i fratelli Trentalance, era certamente inteso come un complimento. Io non riesco a trovare paragoni plausibili, ma nemmeno mi interessa. Ho visto i Caraserena dal vivo due volte negli ultimi mesi e la voglia che ho di rivederli ancora dopo avere vivisezionato il loro disco è per me indice sufficiente a definire la stima e l’ammirazione che ho nei loro confronti. E mi piacerebbe che l’energia che scaturisce dalla chitarra di Filippo Trentalance durante i concerti trovasse un po’ più di spazio anche nelle future prove discografiche della band, perché sono elettrizzanti scariche di adrenalina.
I miei pezzi preferiti? “Ricatti esistenziali”, che mi è entrata in testa dalla prima nota, un meraviglioso tormentone; “Il tempo di ora” e “L’implicazione molecolare”, che sono a mio umilissimo parere tra le più belle canzoni d’amore che io abbia mai sentito, “La certezza delle cose” e “Alta pressione”, per tanti motivi troppo lunghi da raccontare qui.
Hanno davanti una bella strada, i Caraserena. E condivido appieno la preoccupazione di Rocco Tanica, che a Vanni Trentalance ha risposto: “E chi sono, i Caraserena? Ah, siete voi? Bene, così so a chi fare spezzare le gambe!”.
Caraserena Ricordarsi di annaffiare Parco della Musica Records – 2008
I Caraserena sono finalisti a Musicultura 2010 e saranno ospiti di (Cara)Serena Dandini a “Parla con me” martedì 9 marzo. Non perdeteli!
Il disco dell’anno del Tracca è “Conservare in luogo fresco e asciutto” di Angelica Lubian.
È uscito nel 2008, e questa è già una contraddizione… ma avendolo scoperto da poche settimane (once again, thanks to Dassioposq!) e avendolo ascoltato a ciclo continuo e senza tregua, ricavandone sempre una sincera emozione, posso affermare senza remore che il disco che ha più di ogni altro segnato il mio 2009 è “Conservare in luogo fresco e asciutto” della giovane musicista, compositrice, cantante friulana Angelica Lubian.
CILFEA è un album interamente autoprodotto, come molte delle cose qualitativamente più interessanti che cercano di farsi strada in un mercato musicale italiano sempre più asfittico e privo di coraggio. Angelica Lubian ha distillato in 54 minuti tredici alambicchi di purissima acquavite, a cui ha saputo conferire toni e sapori molto diversi tra loro. Eclettica, è stato il primo aggettivo che ho pensato dopo aver sentito per la prima volta le sue canzoni sul suo myspace (ci arrivate da www.angelicalubian.com). Energica, è stato il secondo. Dolce, è stato il terzo. Caustica, è stato il quarto. Bravissima, è stato il quinto.
Dopo aver ricevuto il suo cd (costa 15 euro, lo potete ordinare direttamente a lei e ve lo spedirà a casa in men che non si dica!) mi sono poi reso conto che gli ascolti necessari a carpirne tutte le sfaccettature sono molti. E già questo, in un album di musica leggera italiana odierno, è un risultato non indifferente. Cambia registro con grande facilità, la Lubian, passa con disinvoltura naturale e non esibita dal rock energico alla ballata dagli accenti beatlesiani, dalla canzone jazzata all’onesto pop orecchiabile ma mai banale, curando in maniera maniacale arrangiamenti e testi. E anche all’interno di uno stesso pezzo riesce spesso a sorprendere con variazioni sul tema e finali a sorpresa che suscitano sorrisi ammirati.
Sì, direte voi, ma a chi somiglia? Se proprio non possiamo fare a meno di lanciarci nel gioco poco costruttivo dei paragoni, diciamo pure che la Cantantessa sicula è una delle prime che viene in mente, anche se a me restano vivi in mente alcuni dei migliori accenti della Toffoli sua conterranea e anche la classe e la sensibilità della migliore Donà. Ma se siete a caccia di cloni, cambiate pure canale: a 25 anni Angelica Lubian ha uno stile suo, immediatamente riconoscibile. E scusate se è poco.
Procedendo con gli ascolti ho cambiato molte volte la rosa dei miei pezzi preferiti del disco, che si è allargata a dismisura. Quasi tutte le canzoni, come già dicevo, meritano reiterati ascolti per essere pienamente apprezzate, data la presenza di dettagli che emergono poco a poco. Le mie preferite? “Mercenaria”, per l’energia e l’incitamento che sprigiona; “Incredibilmente disarmante”, perché mi emoziona e mi commuove ogni volta; “Meteropatica”, perché mi trascina e mi diverte; “Sconosciuto”, perché è una valanga emozionale che cresce ad ogni nota; “Lo spazzolino”, perché è vetriolo e soda caustica; “Mon cher, addio”, perché è un piccolo capolavoro; “Profumo di paglia”, perché ha un finale a sorpresa che a me ha ricordato tanto (nello spirito più che nella forma) “La zappa… il tridente ecc.” di Rino Gaetano. E faccio comunque un torto alle altre canzoni, non citandole.
Angelica suona all’Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 22 gennaio, in apertura della manifestazione Generazione X: chi non viene è un discografico sanremese!
Sarò stupido, ma io non capisco proprio cosa voglia ottenere Berlusconi con la minaccia di elezioni anticipate. A parte l’assurdità della cosa in sé, data la schiacciante maggioranza di cui il governo dispone in Parlamento, non riesco a capire l’utilità di un eventuale nuovo voto plebiscitario a favore di Berlusconi.
Mettiamo il caso: il PDL vota la sfiducia al governo (e già siamo in una commedia pirandelliana). Si va ad elezioni anticipate, in cui il PDL, che ha appena sfiduciato Silvio Berlusconi in Parlamento, sostiene ferocemente la candidatura a premier / leader / capo dell’universo di Silvio Berlusconi (e siamo in un romanzo di Kafka). Berlusconi vince le elezioni con un margine ancora maggiore di voti rispetto alla presente legislatura e vara un nuovo solidissimo governo (e siamo in un romanzo di Stephen King).
E poi?
E poi i processi a carico dell’imputato Berlusconi Silvio dovranno comunque andare avanti, no? Inoltre, se il governo cade e si va ad elezioni anticipate, addio alla riproposizione del lodo Alfano e alla legge sul processo breve, che non verrebbero comunque approvate prima della prossima estate. E a cosa sarebbe servito trascinare il paese in una nuova cruentissima battaglia elettorale?
In verità il progetto di Berlusconi è chiarissimo e proprio per questo mi spaventa a morte, così tanto dal rifiutarmi di pensarlo razionalmente: la legittimazione plebiscitaria come definitiva distruzione dell’ordine costituzionale del paese. Il poter dire: il popolo è con me e per questo non posso essere giudicato da giudici faziosi e comunisti. Chissà perché, mi ricorda il finale di un film di qualche anno fa, scritto, diretto e interpretato da Nanni Moretti. Sbaglio?