Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La visione in tv di Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia, principe di Venezia e del Piemonte, noto alle cronache semplicemente come Emanuele Filiberto, mi suscita la stessa irrefrenabile gioia procuratami da una ipotetica pallonata di Roberto Carlos sugli zebedei.
Lui e tutti i Savoia come lui dovrebbero avere la dignità di levarsi dal cazzo o, se proprio non possono fare a meno di vivere in questo paese di merda, potrebbero avere la decenza di rendersi invisibili. Tanto, come si muovono pestano una merda, specie il vecchio puttaniere dal grilletto (del fucile) facile. Emanuele Filiberto, per esempio, potrebbe affittare – in nero – un appartamentino a Quarto Oggiaro, trovare lavoro – in nero – in una delle tante fabbrichette dell’industrioso nord e riuscire a campare dignitosamente, aiutato anche dallo stipendio della moglie che almeno, per fare l’attrice, avrà studiato o avrà sfruttato un naturale talento.
La cosa migliore che il piccolo savoiardo ha fatto in vita sua è stata la pubblicità delle cipolline e dei cetriolini Saclà, che mai ho comprato e mai comprerò. Era lì, il signorino, a ricordarci i cetrioloni che il suo bisnonno ha stroncato nel culo dell’Italia intera appena una sessantina di anni fa. Ma era comunque un lavoro (?) pagato dal signor Saclà, che lo avrà scelto nella pieno delle sue facoltà mentali. E soprattutto di quelle finanziarie.
Ma qualcuno mi spiega perché l’Italia deve sopportare la sua presenza in una trasmissione della tv pubblica in cui gli vengono impartite lezioni private di ballo, per le quali non caccia un euro e per le quali viene anzi profumatamente pagato, oltretutto con i nostri fottuti soldi? Ma non basta: il principino ci fa sapere infatti che ha fatto questa scelta unicamente per soldi, perché deve contribuire al mantenimento della sua famiglia. Avete letto bene.
Ora, che il Savoia mi stia sui coglioni, mi sembra sia chiaro. Che possa vivere in Italia, lo ha deciso il parlamento e per quanto io possa essere contrario, il mio spirito democratico mi impone di accettare la sua presenza. Che vada a fare la scimmietta in televisione, passi... del suo tempo può fare ciò che vuole ed è certamente in ottima e similar compagnia. Ma che il sor principe de sta gran cappella ci vada solo per fare soldi e che io debba contribuire al suo cospicuo emolumento è una cosa che mi fa incazzare più della frase “ricordati che tu hai votato e hai creduto nel progetto del partito democratico”...
Mi sento intontito e confuso, e il Savoia non è certamente il solo motivo di tale stato. Ma non avevano detto che il 2009 sarebbe stato sicuramente migliore del 2008? Perché, se è così, evidentemente io sono rimasto indietro!
Ma durante un processo alle intenzioni si risponde: "Assolvici, o Signore!"?
Prezzi da affarone! Buon Anno a tutti...!
Ancora oggi mi chiedo cosa fu, la mattina della vigilia di Natale del 1998, a spingermi a mettere sul lettore cd, appena sveglio, il primo album di Elio e le Storie Tese e ad ascoltarlo tutto come se fosse la prima volta, invece della mille e millesima. Faceva freddo, ad Amsterdam, ma era una giornata limpida, piena della luce accecante dell'inverno nel nord Europa. Almeno così è rimasta nella mia memoria.
Dopo essere arrivato in ufficio, accesi il pc e vidi sulla mia casella di posta elettronica un messaggio di un amico di Roma, che mi inoltrava l’incredibile notizia giunta nella notte. Feiez, il grande Paolo Panigada, era morto a seguito di un malore durante un concerto della Biba Band a Milano. Le fonti di notizie sul web, 10 anni fa, non erano così tante, ma passai la mattinata a cercarle tutte, leggerle tutte, stamparle tutte. Come se sperassi di trovare, da qualche parte, una clamorosa smentita. Che non trovai.
Lo avevo visto per l’ultima volta a Milano, poche settimane prima, al primo raduno del Fave Club, allo Zelig di Viale Monza, dove ero appositamente giunto dall’Olanda. Ma i miei ricordi più vivi e belli sono legati al 1992, ad un concerto a Villa Borghese a Roma, e a una foto scattata vicino a lui dopo l’esibizione. Non era un uomo di tante parole, Paolone, ma un suo sorriso ed una sua stretta di mano erano così caldi da valere mille disquisizioni su come fosse andato il concerto o sull’ultima geniale cazzata fatta da Mangoni sul palco.
Feiez è stato uno dei più incredibili musicisti che abbia avuto modo di conoscere ed ammirare. Sembrava fosse nato per suonare qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani ed ottenere sempre il migliore suono possibile. E aveva una voce degna di una carriera solista da grande star.
Da allora, non ho mai finito concerto degli Elii senza aver cantato anche l’ultimissimo FORZA PANINO con le braccia tese verso di lui. Penso sempre che glielo devo, che glielo dobbiamo tutti e che se grido più forte forse ci sentirà. Gli ho voluto molto bene, e se oggi voglio così bene a Sergione Conforti è anche un po’ perché il suo sguardo mi ricorda sempre tanto quello dell’immenso Feiez.
Non credo più a Babbo Natale Da quando andai al Tonale
Non credo più alla Befana Da qualche settimana
Non credo più alla Rivoluzione Ormai da qualche eone
Non credo più all’uguaglianza Da quando c’ho la panza
Non credo più all’innocenza Da quando ne ho coscienza
Sinceramente, sono atterrito dal malaffare che emerge, sebbene non mi facessi illusione alcuna sulla “diversità” di un partito nel quale Enrico Berlinguer è al massimo il nome antico di qualche circolo vetusto. Ma l’ondata di bile che sale è ormai insopportabile.
L’unica questione morale che mi viene alla mente è: “Ma perché nun ve n’annate tutti affanculo?”
Confesso di capire sempre meno l’atteggiamento del Vaticano o, meglio, di capirlo benissimo ma di esserne intimamente sconvolto.
La decisione di dire “no” sia alla proposta di depenalizzazione universale dell’omosessualità che alla convenzione sui disabili, entrambe iniziative dell’ONU, rappresentano a mio modo di vedere la definitiva certificazione che la Chiesa Cattolica del XXI secolo vuole vivere col paraocchi nella speranza che tapparsi le orecchie e gridare “no-i-froci-no, no-i-froci-no, no-i-froci-no” serva a fermare il mondo e renderlo così un po’ più a sua immagine e somiglianza. Immobile. Reazionario.
Non riesco a vedere alcuna positività nell’atteggiamento di Ratzinger e dei suoi sgherri sguinzagliati qua e là per il mondo. Non vi trovo traccia né di amore né di carità. E l’unica fede che scorgo è quella incrollabile nella verità unica decisa all’interno del Palazzo Apostolico, una fede autoreferenziale sempre più lontana dalla realtà del mondo.
È tipico di un ragionamento contorto e perverso, che in vita mia credo di avere riscontrato solo nella Santa Inquisizione (sui libri di storia) e nel Partito Democratico (ai giorni nostri), il negare la depenalizzazione dell’omosessualità perché questa decisione potrebbe poi far passare per “cattivi” quei paesi che non hanno una regolamentazione delle coppie di fatto. A parte il fatto che i paesi che non regolamentano le unioni di fatto sono paesi di fatto incivili (ma questa è una mia opinabilissima considerazione) me lo spiegate cosa c’entra tutto ciò con la depenalizzazione dell’omosessualità in quanto tale? Cosa c’entra la contrarietà ai PACS con il tentativo di fermare paesi come l’Iran che gli omosessuali li impiccano dopo averli torturati?
Ancora più crudele, sempre secondo la mia modestissima opinione, la presa di posizione sulla convenzione ONU sui disabili. Tanto più che l’articolo 10 della Convenzione garantisce esplicitamente il diritto alla vita delle persone con disabilità. Mi appare francamente curiosa (oddio, parlo come D’Alema, aiuuuuutooooooo!!!!!!) la pretesa che l’intero consesso delle Nazioni Unite condivida con la Chiesa Cattolica l’idea che il diritto alla vita si applichi anche ai feti e che quindi l’aborto vada proibito tout court. Il principio è stabilito, sarà compito di ogni stato sovrano decidere i termini di applicazione della convenzione. O la parola del Papa deve sempre valere come quella dell’Imperatore dell’Universo?
È da tanto tempo che la Chiesa non è più la mia chiesa, ma temo che di questo passo ogni persona dotata di raziocinio finisca con abbandonarla. Wojtyla era un vero conservatore, ma almeno era guidato dallo spirito immortale dell’Amore. Ratzinger è un reazionario, e mi sembra sia guidato dallo spirito di Nicholas Eymerich.
Chi viene sabato pomeriggio a manifestare a Piazza Pio XII?
Ci sono cose su cui non è lecito scherzare. Verità storiche, documentate da testimoni diretti, che non possono essere messe in discussione da storici e storiografi da strapazzo, accecati dall’ideologia e dalla loro volontà manipolatoria.
Solo un manipolo di trinariciuti comunistacci – di quelli che ancora oggi dormono solo se avvolti in una lisa e rattoppata bandiera sovietica – poteva continuare a negare il fatto che Antonio Gramsci si fosse redento e avesse trovato la vera Fede (che non è la mano amica) prima di andarsene da questa Terra. La testimonianza delle suore che lo hanno assistito fino alla fine è inconfutabile: peccato che avessero la macchinetta digitale scarica proprio mentre il buon Antonio baciava l’immaginetta sacra del Bambino Gesù. Ma esse, povere sante ed ingenue donne, potevano mai credere che la loro testimonianza potesse essere messa in dubbio?
Le forze oscure della manipolazione storiografica non conoscono confini, sono la vera Spectre di questi tempi. Chi avrà mai il coraggio di rivelare al mondo, per esempio, che Adolf Hitler, poche ore prima del suicidio, fu visto aggirarsi nel suo bunker berlinese vestito da rabbino, con tanto di kippah sul capo, tenendo in mano una menorah d’oro e cantando a squarciagola “Evenu Shalom Alejem”? La testimonianza in tal senso di Karl Heinz Von Schwanzkopf, ex SS-Obergruppenführer, attendente dei gatti persiani di razza purissima del Führer, convertitosi dopo la guerra all’ebraismo ashkenazita e divenuto tagliatore di diamanti ad Anversa, è assolutamente inattaccabile! Lo dimostrano le sue memorie apocrife, rinvenute in circostanze misteriose in una cella frigorifera della macelleria del villaggio belga di Tourpes. Ma questa verità rimane sepolta sotto un cumulo di fetide menzogne. Del resto, continuare a dipingere Hitler come il più cattivo tra i cattivi cattivissimi fa un po’ comodo a tutti, diciamocelo...
Per non parlare dell’inascoltabile silenzio che nasconde la verità sulla fine del Mahatma Gandhi, che venne abbattuto a fucilate per disperazione dopo essersi reso protagonista della strage di centinaia di bramini inermi e vacche sacre, massacrati a colpi alternati di machete e scarpini chiodati da calcio, gridando bestemmie irripetibili a tutti gli dei dell’universo e rotolandosi nel sangue delle sue vittime, riservando lo stesso trattamento a chiunque cercasse di fermarlo. “Profeta della non-violenza un bel paro de ciufoli, quello era il vero Gandhi”, testimonia Arvinamandra Singhultanghar (il nome di fantasia serve a preservare la sua incolumità), intrecciatore di paglia e unico spettatore ancora vivente di quello spietato ed efferato eccidio. “Ho intrecciato ogni giaciglio su cui il Mahatma abbia poggiato le terga negli ultimi decenni della sua vita”, aggiunge Singhultanghar, “e vi posso garantire che il suo percorso nel Dharma è stato costellato di momenti che potevano far intuire il destino ultra-violento verso cui egli stava marciando”. Non aggiunge altro il nostro testimone, ma c’è davvero bisogno d'altro? Chi chiede fatti, oltre a queste inconfutabili parole, è solo un prevenuto. Chi chiede i fatti è solo che un pusher.
La verità inconfessabile è che spesso, di fronte alla morte imminente, le persone mostrano la loro parte più vera, quella magari rimasta nascosta per tutta la vita. Il perché questo accada, è un mistero che deve restare tale, per il bene dell’umanità. La grande filosofa e nobildonna franzosa Valentine Coquettes de la Tour Vielle, da noi interrogata in merito, ci ha svelato la sua teoria, bisbigliandoci in un’orecchia mentre furtiva si assicurava che nessuno ci sentisse: “ È che sbrocchi, quanno stai a morì!”.
Si potrebbero spendere tera e terabyte di caratteri per cercare di analizzare lo stato increscioso e comatoso della politica italiana e in particolare lo stato del PD e del suo segretario Walter Veltroni.
L’orribile, oscena, ridicola, farsesca querelle Villari è un concentrato di schifezze tale che la discarica di Malagrotta, in compenso, è un atollo incontaminato dell’Oceano Indiano. E siccome da un po’ di tempo le dissennate azioni dei vertici PD mi fanno ribollire la colecisti che non ho più, sono costretto a prorompere in una nuova invettiva volgare, violenta e cattiva, diretta personalmente all’ex sindaco di Roma. Mi perdonerete se userò il linguaggio proprio delle incazzature vere, quello più vicino al mio pancreas.
Bella cazzata a’mo fatto, eh, Warterò? Me cojoni che cazzo de capolavoro. Tu lo sai che io t’ho voluto bene e t’ho rispettato, so’ stato persino onorato de avè contribuito cor lavoro mio a una stagione mica de mmerda pe’ ‘sta città. Ma popo p’er bene che te vojo (o t’ho voluto), fattelo dì sinceramente e cor core in mano. Nun ce stai più a capì un cazzo.
Lassando perde tutta la squallida eterna contesa tra i tuoi peones e quelli de D’Alema, che è sinceramente una cosa degna der Centrafrica de Bokassa, vorrei concentrare la mia analisi sul caso Villari.
Perdona la volgarità, segretà, ma sulla Vigilanza RAI hai preso una raffica de radiconi ar culo che nemmeno tutta la sezione anal de You Porn. Prima – pe nun fa’ incazzà Di Pietro – t’attacchi ar nome de Leoluca Orlando quando ormai perfino gli acari della polvere delle poltrone dell’Aula a San Macuto avevano capito che nun c’era trippa pe’ gatti, che Orlando non sarebbe mai stato eletto, perché er centrodestra non lo avrebbe votato mai come noi non avevamo votato Pecorella pe’ la Consulta. Poi, pe fatte svejà, deve arivà er blitz della maggioranza e l'elezione de Villari.
Me spieghi che cazzo ce voleva, dopo una trentina di convocazioni andate a vuoto, a tirà fori er nome de Sergio Zavoli IN QUEL MOMENTO, prima che a Berlusconi e ai suoi je venisse in mente l’operazione Villari? Nun me dì che nun ci avevi pensato, perché nun me poi pijà pe cojone a ‘sto modo.
Qual era il problema? Che Di Pietro se sarebbe incazzato con te? E perché, invece adesso secondo te l’alleanza si è rinsaldata?
Io so’ basito. Tutte le volte che si poteva essere d’accordo con Di Pietro, tu j’hai dato addosso in nome der dialogo cor centrodestra. Quando invece c’era da far valere il proprio peso politico ed elettorale maggiore, anche al costo di scegliere strade separate, tu che hai fatto? Je sei ito appresso co’ tutto er cucuzzaro, finendo in mezzo ad un mare di guano!
Tutto questo senza voler commentare la pusillanimità del senatore Villari. È un capitolo a parte, che in questo momento non mi interessa nemmeno affrontare.
La triste impressione che ne ricavo, caro Walter, è che il Partito Democratico sia un blob senza forma e senza strada, un fantoccio cieco alla mercé delle intemperie, un Tafazzi all’ennesima potenza che le mattonate sui coglioni se le va a cercare perché non può proprio vivere senza.
Non sai quanto mi costi scrivere queste righe, ma sinceramente, veramente, seriamente, me so’ popo rotto er cazzo. Non credo di essere il solo.
Questo è il centesimo post del mio blog, e lo sto scrivendo mentre aspetto – con gli occhi assonnati ed un gran sorriso sulle labbra – di ascoltare il primo discorso del “president-elect” Barack Obama davanti alla folla dei suoi sostenitori riuniti al Grant Park di Chicago.
È stata una notte lunga, ma ho davvero l’impressione che il mondo sia oggi davanti a uno degli angoli della storia. E abbia superato la paura di svoltare. L’alba è – per una volta – davvero l’inizio di un nuovo giorno.
Mentre scrivo queste parole, John Mc Cain sta riconoscendo la sconfitta, mettendo la parola fine alla notte elettorale, alla lunga corsa per il posto di lavoro più difficile e importante del mondo.
Barack Obama sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. È bello poterlo dire e non solo sperarlo.
È da tempo che non scrivo specificamente di pallone su questo spazio, ma dopo aver visto il Toro più deprimente da parecchi anni in qua perdere il derby senza nemmeno lottare, senza nemmeno impensierire una Juve che più povera di idee e mezzi non potevamo sperare...
Beh, lasciatemi dire che non capisco l’allenatore del Toro. De Biasi continua a inserire – nei secondi tempi delle partite – solo attaccanti inutili e dannosi e li lascia a marcire lì davanti senza un cane di nessuno che faccia arrivar loro la palla. Saranno anche sfigati, questi attaccanti che non la buttano dentro nemmeno a porta vuota e col portiere andato per farfalle, ma è vero che di palloni giocabili ne vedono pochissimi.
E adesso vivo nel terrore del ritorno di Novellino, nel perpetuarsi di quest’altalena di allenatori voluti e cacciati, voluti e cacciati, voluti e cacciati dal presidente Cairo, questo Berluschino in trentaduesimo (grazie allo Zio Antunello per la definizione) che ci avrà sì salvati dall’estinzione, ma dovrebbe anche aver capito che deve trovarsi un vero amministratore delegato (uno che capisce di calcio? uno che capisce di Toro?) a cui lasciare la guida tecnica della società. Altrimenti, beh ragazzi, prepariamoci a nuovi esaltanti sabati pomeriggio di serie B in trasferta a Sassuolo e Cittadella (sempre che il Sassuolo non faccia il grande salto...).
Perché mai insisterò a farmi male con certe ignobili visioni... Quasi quasi mi butto sulla Talpa e sull’Isola dei Famosi, che dite? Saranno meno dannosi petr la salute?
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